Droga. Su 2000 assuntori il 3% è sotto i 15 anni.

Ciro Cascone: “E’ un fenomeno che non si può combattere solo con la repressione. Ci vuole un impegno di tipo culturale nella prevenzione.

 E’ notizia di pochi giorni fa quella di due ragazzini di neanche 15 anni che a Monza hanno ucciso con venti coltellate un uomo, per droga. Ciò che spaventa maggiormente di quest’orribile omicidio a sangue freddo non è solo il fatto che sia stato commesso da due giovanissimi.  Non solo che sia stato perpetrato con una violenza inaudita e incomprensibile. Ciò che sgomenta è anche il dato che due adolescenti, poco più che bambini abbiano compiuto un gesto assurdo per droga.

Non è la prima volta che i giornali riportano casi di violenze o di morti di giovanissimi accaduti a causa della droga. Ricordiamo tutti quest’estate ad esempio a Terni, la morte durante il sonno di due amichetti di 15 e 16 anni per aver assunto del metadone.

Cosa sta accadendo?

Carlo Locatelli, direttore del centro antiveleni Maugeri di Pavia, lo racconta sulle pagine del Fatto Quotidiano: “La media nazionale, su una casistica di 2000 assuntori (di droga) ci dice che ben il 3% è sotto i 15 anni. Il range lo includiamo tra i 12 e i 15 anni, mentre il salto dalle droghe leggere a quelle sintetiche avviene già a 14 anni. Sono cifre allarmanti, come allarmante è l’aumento dei casi di bambini in coma da hashish perché scambiano le dosi per palline di gomma da mangiare lasciate in casa dai genitori”.

 La situazione è grave. L’età in cui i ragazzi iniziano a consumare droga si è notevolmente abbassata e già da qualche anno, spiega Ciro Cascone procuratore presso il tribunale dei minori di Milano sul quotidiano il Giorno: “Ormai c’è una liberalizzazione di fatto a quell’età su larga scala. È un dato ancora abbastanza sommerso, perciò forse ancora non ne abbiamo piena consapevolezza. Come società  rischiamo di fare la fine di tante famiglie purtroppo, quei genitori che non si accorgono della droga in casa fino a quando non è troppo tardi”.

 E allora cosa si può fare?

Il magistrato è chiaro: “ E’ un fenomeno che non si può combattere solo con la repressione. Ci vuole un impegno di tipo culturale nella prevenzione – Un lavoro che non può passare solo attraverso le famiglie, perché in prima linea ci deve essere anche la scuola – Non si tratta solo di mandarli a scuola e dar loro una spinta perché arrivino alla terza media in qualche modo o se va bene che riescano a prendere un pezzo di carta, un diploma. – chiarisce Cascone sul Giorno – La verità è che la scuola dovrebbe essere davvero il luogo di aggancio di questi ragazzi che sennò rischiano di perdersi. Dovrebbe contribuire a formarli oltre che tenerli lontano dalla strada”.

 Ma non solo. Anche lo sport potrebbe essere un modo per i giovani di “sottrarsi alle occasioni peggiori” spiega Cascone – un altro modo per acquisire una formazione, anche mentale. Ora purtroppo anche di sport non si può parlare per questa emergenza. Ma se non si investe su questo, la scuola e lo sport. Tanti ragazzi li perdiamo. E la droga sta la…”