Una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite stabilisce come l’affidamento extrafamiliare rimanga una soluzione estrema, da valutare con la massima cautela.
I minori hanno diritto di crescere in una famiglia che li ami, li protegga e li accompagni sul sentiero della vita. Ma cosa accade quando, siano proprio quelle figure familiari da cui il bambino si aspetta sostegno ed affetto incondizionato a mettere ripetutamente in atto nei loro confronti, comportamenti fisicamente o moralmente vessatori e violenti?
Nel caso in cui un figlio minore sia vittima di maltrattamenti da parte di un genitore, è previsto un ampio potere del Tribunale che, a tutela del bambino, ha la possibilità di emettere provvedimenti di “allontanamento” dal nucleo familiare del genitore violento, vietando che si avvicini “fisicamente” al minore e ai propri familiari. Generalmente, in questi casi, viene anche sospesa o revocata al genitore violento, la responsabilità genitoriale sui bambini e il figlio affidato in via esclusiva all’altro coniuge. Tali provvedimenti, qualora se ne riscontri la necessità, possono essere anche presi d’urgenza dalla pubblica autorità, come previsto dall’ art. 403 del codice civile e poi convalidati dal tribunale.
Qualora, dopo uno scrupoloso accertamento da parte di tribunale e dei servizi sociali, risulti che l’affidamento all’altro genitore non sia praticabile o non risulti sufficiente ad evitare gli abusi, il minore è affidato ad altri parenti in grado di prendersene cura. Qualora neanche questa strada risulti percorribile, il giudice dispone l’affidamento extrafamiliare. Quando poi, dall’accertamento emerga, una situazione di abbandono morale e materiale del figlio, tale che nessun intervento di sostegno familiare risulti essere adeguato a ricomporre la situazione: “L’allontanamento dei figli – ricorda “La Legge per Tutti” –e il loro affidamento extrafamiliare, a seconda dei casi, potrà essere temporaneo o definitivo e in questa ipotesi si apre la possibilità dell’adozione del bambino”.
Come ben ci ricorda il web magazine, è obbligo di ogni genitore intervenire qualora “l’altro” compia atti di violenza, maltrattamenti o abusi nei confronti dei figli, denunciando tempestivamente l’accaduto all’autorità giudiziaria.
E’ in generale buona norma sociale, considerare la facoltà di tutti di intervenire nel contrasto alla violenza, segnalando alle autorità i casi di abusi e maltrattamenti su minore o in famiglia di cui si venisse a conoscenza diretta.
Ciò premesso, cosa accade quando il coniuge non intervenga per far cessare i maltrattamenti, assumendo una posizione, che potremmo definire passiva?
A pronunciarsi sull’argomento è una recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha stabilito, come sottolinea la “Legge per Tutti”: “che una madre, vittima insieme ai figli di maltrattamenti e continue vessazioni da parte del marito, non debba perdere i figli per questo. In altre parole, il bambino non può andare in affidamento preadottivo neppure quando risulti che la madre tolleri i maltrattamenti compiuti dal padre, senza reagire. L’affidamento extrafamiliare, secondo la Suprema Corte, rimane una soluzione estrema, da valutare con la massima cautela”.
“La vicenda – spiega il web magazine- riguardava una madre moldava, residente in Italia da molti anni, sposata con un connazionale violento. La donna rischiava di subire la dichiarazione di adottabilità della bambina, a causa dei maltrattamenti compiuti dall’uomo, che ella non era riuscita ad impedire. I servizi sociali del Comune, su ordine del giudice minorile, avevano già affidato la bimba ad una casa-famiglia. […]
La donna era succube del marito e subiva da molto tempo le sue continue prepotenze e aggressioni. Per paura, aveva anche ritirato la denuncia sporta nei suoi confronti. Da ciò era stata desunta la sua inidoneità a svolgere il ruolo di genitore. Ma nella fattispecie, gli Ermellini hanno rilevato che durante il procedimento giudiziario svoltosi non c’era stato un approfondimento sull’incapacità della donna di prendersi cura della propria figlia. Il Collegio rileva che la procedura di affidamento preadottivo aperta in questi casi rischia di tradursi in una «vittimizzazione secondaria», così violando la Convenzione internazionale di Istanbul contro la violenza sulle donne e domestica. Perciò, la Cassazione ha disposto il rinvio alla Corte d’Appello di Roma affinché riveda la sua decisione. I giudici di piazza Cavour hanno, nel frattempo, confermato la sospensione della potestà genitoriale del padre violento”.
Riteniamo sia in generale da considerare buona norma sociale la facoltà di tutti dobbiamo considerarci in prima linea di intervenire nel contrasto alla violenza, segnalando alle autorità i casi di abusi e maltrattamenti su minore o in famiglia di cui venissimo si venisse a conoscenza diretta, soprattutto nell’ottica della prevenzione e del necessario supporto alle famiglie in vista, ove possibile, del superamento delle difficoltà.