Gentilissima redazione,
sono un papà preoccupato. Non manca giorno che sui giornali non si parli dei giovani di oggi. Si dipinge questa nuova generazione come arrogante, insensibile, egoista, preoccupata solo di se stessa, dell’ultimo modello di cellulare, della movida del sabato sera e assuefatta dai social. Lo so che sembrerò retorico. Ma noi da giovani non eravamo così…
Paolo
Caro Paolo,
sicuramente la società in cui viviamo oggi, ricca di agi, benessere, comodità, non aiuta questo atteggiamento un po’ pigro e noncurante di alcuni giovani.
Come si legge in un bell’articolo uscito nei giorni scorsi su Libero, a firma di Alessandro Cantoni: “Lo insegnava anche Rousseau e prima di lui già Catone e Cicerone, il lusso disabitua ad affrontare le asperità della vita, rammollisce e in un certo senso rende più deboli gli uomini. Da ciò scaturisce il sentimento di impotenza, la fragilità e la rassegnazione che affliggono molti ragazzi e ragazze”.
A loro dobbiamo insegnare l’importanza di impegnarsi per raggiungere un obiettivo e quel senso di soddisfazione che si prova, dopo un lungo percorso, per essere arrivati alla meta.
Ma facciamo attenzione!
Non scadiamo nella retorica del “una volta noi non eravamo così”.
Del resto, come Cantoni ricorda, già nell’antica Babilonia, nel 3000 a.c. degli adolescenti scrivevano “Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra cultura” e nel 2000 a.c. un sacerdote egiziano sentenziava: “Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico. I ragazzi non ascoltano più i loro genitori: la fine del mondo non può essere lontana!”.
Insomma, caro Paolo, ciò che noi possiamo fare per i nostri giovani è essere d’esempio con il nostro comportamento. Consigliare, insegnare e soprattutto educare.
Perché come ricorda Diogene il cinico: “Le fondamenta di ogni Stato sono l’istruzione dei giovani”.
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Staff AIBC