Genitori abituati a fare paragoni tra i figli: ecco perché si tratta di una pessima abitudine

Il rischio è quello di minare irrimediabilmente l’autostima del bambino

Siete genitori abituati a fare paragoni tra i vostri figli? Ebbene sappiate che è una pessima abitudine. “Anche se sembra che i bambini siano intenti a giocare o a guardare la televisione – spiega sul proprio sito la dottoressa Letizia Giribaldi, psicologaessi hanno la capacità di captare tutto quello che sarebbe meglio non sentissero. Pertanto, se vogliamo discutere su difetti e pregi dei nostri bambini, è sempre meglio farlo quando loro non sono presenti nella stanza. Questo per diversi motivi, da una parte potrebbero non essere contenti di quel confronto e potrebbero non accettare le critiche, sebbene involontarie. Infatti non ci stiamo rivolgendo direttamente a loro, spiegando bene cosa potrebbero migliorare, essi stanno di fatto origliando o semplicemente ascoltando un discorso fra persone grandi. E questo li pone come spettatori di un discorso di cui loro sono i protagonisti, ma a cui non possono partecipare. Pertanto possono soltanto accettare passivamente il discorso, elaborandolo per conto proprio”.

“Dall’altra parte – prosegue la psicologa – anche se il confronto è volto al positivo e rivolgiamo solo complimenti, rischiamo di innescare il contorto meccanismo del confronto. Anche se lì per lì non ci sembra grave, bisogna sempre ricordare che i bambini crescono e diventano adolescenti e poi adulti. La fase dell’adolescenza è molto complessa ed è caratterizzata già di suo dal confronto con gli altri, e serviranno a poco le parole ‘non paragonarti agli altri, ma pensa solo con la tua testa’ se, da piccoli, sono stati esposti (anche involontariamente) al meccanismo del paragone. Il paragone è un gioco pericoloso. Il rischio è quello che crescano utilizzando il paragone con gli altri come unità di misura. Così facendo però non ci sono vincitori perché prenderemo sempre a paragone il bambino più bravo, il ragazzo più popolare, quello più bello, quello che ha voti alti, la ragazza più magra, quella più carina, quelli che hanno più amici. Un gesto, un momento di chiacchiere distratte, se ripetuto molto spesso nel tempo, può portare ad innescare questo meccanismo che sarà poi difficile da scardinare e che può far sentire più fragili. Se questo dovesse avvenire tra fratelli, chiaramente sarebbe ancora più fastidioso poiché la convivenza è totale e il rischio è quello di vivere in un continuo confronto, spesso non voluto, non cercato e del tutto involontario”.

“Possiamo rivelare al bambino, ma ancor più all’adolescente, che percepiamo ciò che è unico in lui e che amiamo ciò che costituisce la sua personale grazia. E possiamo farlo senza dover necessariamente paragonarlo ai suoi fratelli in termini di: ‘è meglio o è peggio’. Da questo nascerà gradualmente in lui la certezza di poter farsi strada(…)”, scrive invece su Aleteia.org padre Vincent De Mello, parroco parigino.

“Tutte le mamme – spiega ancora sul proprio sito la pedagogista Elena Formisano dovrebbero imparare a non vivere il confronto come un disagio, una mancanza o per converso far vivere il confronto all’altra come un limite, un problema. Questa tendenza ad essere sempre sotto giudizio alimenta la paura, l’ansia e la vergogna dei bambini, emozioni che accompagnano la loro vita e che abbattono la loro autostima”.