La “festa del papà” è un’occasione anche per riflettere sul ruolo della figura paterna. Tra mutati punti di riferimento sociali e le difficoltà di una relazione imprescindibile per crescere
Nei giorni attorno al 19 marzo, ricorrenza di San Giuseppe e, per tutti, la “festa del papà”, tra un invito ai regali e un lavoretto a scuola (anche se in DAD), è facile imbattersi anche in qualche riflessione più profonda e significativa sulla figura paterna. Ne è un bell’esempio l’articolo pubblicato sul settimanale della diocesi di Vittorio Veneto L’Azione, che ha interrogato sul tema Francesco Gallo, psicologo e psicoterapeuta oggi in pensione ma con alle spalle ruoli importanti come coordinatore di Consultori Familiari; direttore dell’Unità Operativa Infanzia Adolescenza Famiglia nell’ex Ulss 7; dirigente alla Direzione Regionale per i Servizi Sociali del Veneto, dei servizi alla Famiglia e direttore dei Servizi Sociali dell’ex Ulss 8.
Il ruolo paterno in una società che cambia
La riflessione parte dai cambiamenti degli stili di vita delle famiglie di questi ultimi tempi, all’interno di un contesto che se, da una parte, ha ormai sdoganato la figura della mamma che lavora, dall’altra non è ancora riuscita ad assorbire del tutto quella del “padre che si occupa dei figli e se ne cura”. Il paradosso è che i padri, a livello personale, questa nuova esigenza la sentono eccome, portati come sono, oggi più che mai, a seguire da vicino la vita dei propri figli fin dalla nascita.
Da qui la necessità di ripensare la relazione tra padri e figli: “Oggi – afferma Gallo – il desiderio di vicinanza ai figli da parte dei padri è sempre più sentito, nonostante le difficoltà… C’è la voglia di trovare un nuovo modo di essere padre con il proprio figlio”.
Un cambiamento molto positivo, secondo lo psicologo, non solo perché cancella la vecchia retorica del padre-padrone, ma supera anche gli interrogativi riguardanti la perdita di autorità di una figura da ricomprendere all’interno di una realtà familiare i cui orizzonti sono completamente mutati.
Una relazione che deve accompagnare verso la libertà
Da un lato, sottolinea Gallo “Occorre che la figura paterna trovi uno spazio di autorevolezza nella richiesta al figlio di impegno, di fatiche, di cammino verso l’indipendenza. E occorre che ci sia una risposta rispettosa da parte del figlio che vede nel padre un modello da seguire ed emulare”. Dall’altro però, bisogna sempre considerare che la vera sfida dell’essere genitori non si gioca solo nel rapporto a due, “ma coinvolge sempre necessariamente entrambi i coniugi nella loro diversità e relazionalità”. È solo all’interno di questo più generale equilibrio che si può definire il ruolo stesso della figura paterna, anche in un contesto che, secondo i dati, vede finire con la separazione un matrimonio su due.
L’elasticità, dunque, diventa un aspetto fondamentale, tenendo conto che il ruolo di padre non ha ricette già scritte, ma va costruito nella quotidianità, “scoprendo nell’altro un soggetto dotato di libertà e unicità”.
Non ci deve essere possesso nei confronti del figlio, ma il rispetto della sua libertà di individuo, anche quando questo può significare non vedere immediatamente realizzato ciò che personalmente si crede (sbagliando, dato che nulla ce ne dà la certezza) possa essere “il bene” per il proprio figlio.