Isolamento sociale e Hikikomori: tutto ciò che ogni genitore dovrebbe sapere

Intervista con il dottor Diego Moretti responsabile servizi di sostegno alla famiglia offerti dal CEFAM – Centro Europeo Formazione e Accoglienza Minori

Che cosa si intende con Hikikomori?

Il fenomeno denominato Hikikomori è riferito a quelle persone che si isolano socialmente, arrivando ad utilizzare dinamiche patologiche a più livelli. E’ un fenomeno non più così sconosciuto come qualche tempo fa. Questo perché se ne parla sempre più spesso a livello mediatico e i periodi di lockdown che stiamo vivendo in questo ultimo periodo ci hanno fatto riflettere su quanto le limitazioni sociali ci stiano facendo isolare dalle persone con le quali avevamo relazioni reali. E’ sicuramente sbagliato paragonare situazioni in cui siamo obbligati a non venire in contatto con altre persone da quelle situazioni patologiche dove questa modalità di vita è una scelta. Ne è riprova il fatto che nei periodi di lockdown le relazioni si sono modificate attraverso l’utilizzo di nuovi strumenti (es. videochiamate) ma appena è stato possibile incontrarsi, lo si è fatto anche con molta gioia! Non paragoniamo pertanto le difficoltà psicologiche che ognuno di noi a suo modo vive nei periodi di lockdown. Parlo al presente perché oltre alla situazione che stiamo vivendo, anche i periodi di quarantena obbligatoria e di isolamento fiduciario sono una piccola forma di lockdown che ci portano a non avere contatti “fisici” con la nostra cerchia di persone, amici, colleghi ecc.

Quando allora dobbiamo sospettare di essere di fronte a una scelta volontaria di isolamento sociale?

Chiariamo subito che hikikomori non si diventa subito da un giorno con l’altro. L’esordio avviene soprattutto in adolescenza ed è legato a episodi negativi vissuti in ambito scolastico o nella sfera amicale. Il rifiuto, lo scherno, l’indifferenza vissuta, portano spesso a esordi depressivi e atteggiamenti comportamentali instabili che devono essere subito attenzionati dai familiari. Se vostro figlio fino ad una certa età vi sembrava spensierato, creativo, socievole con i compagni, e tutta a un tratto diventa scontroso e si rifiuta di frequentare i normali ambiti di socializzazione o oppone resistenza ad andare a scuola, potremmo essere di fronte ai primi segnali di un disagio psicologico/relazionale. Ciò non significa che diventerà hikikomori, ma è necessario intervenire in ottica preventiva; non dimentichiamo che altre patologie potrebbero svilupparsi.

Concretamente, a cosa dovrebbe porre l’attenzione un genitore?

Innanzitutto occorre osservare il tono dell’umore del proprio figlio. E’ anche sano avere dei momenti in cui si è giù di morale, ma se questa condizione diventa quotidiana, significa che è successo qualcosa. Attraverso un dialogo intenzionale ed educativo, il genitore potrà dimostrare innanzitutto vicinanza affettiva ed in secondo luogo, venire a conoscenza di cosa può aver indotto il particolare tipo di atteggiamento. Quest’ultimo può manifestarsi anche in maniera eclatante: pianto, violenza riversata su oggetti della casa, irrigidimento della postura corporale..

E’ sufficiente stare vicino ai propri figli in situazioni del genere?

Direi che è necessario ma non sufficiente, soprattutto se dopo un breve periodo la situazione non accenna a migliorare. In questo caso è consigliabile rivolgersi a chi come il Cefam si occupa di tematiche familiari da anni e per questo motivo può mettere a disposizione il professionista giusto. E’ mia abitudine ripetere alle famiglie che si rivolgono a noi che già essersi accorti ed interessati a ciò che sta accadendo ai propri figli, significa porsi sulla strada giusta. La soluzione magari non è dietro l’angolo ma siamo ancora in una fase di prevenzione o, tutt’al più, nella fase dell’accompagnamento. Intervenire nella fase della cura richiede più sforzi, anche dal punto di vista economico. Purtroppo le famiglie sottovalutano certi “esordi”, pensando che si risolvano col tempo. Ciò le porta a rivolgersi a professionisti in materia solo quando le cose sono degenerate.

In un caso come quello di una famiglia che si accorge di avere un figlio che tende a chiudersi in se stesso, come intervenite?

Il nostro intervento parte dal presupposto della presa in carico dell’intero nucleo famigliare. Si inizia sempre con un colloquio conoscitivo, assolutamente gratuito, dove la famiglia può raccontare il proprio vissuto. Questo incontro può essere fatto presso le nostre sedi di Milano (zona Affori) e di San Giuliano Milanese, o anche in modalità online. A volte non è necessario prevedere ulteriori incontri; è normale che nel ciclo di vita della famiglia ci siano delle difficoltà legate ai passaggi da un’età all’altra. Qualche consiglio può essere sufficiente. In altri casi può essere proposto un percorso che potenzi le risorse e le competenze dei genitori, affinché da soli sappiano interagire in maniera educativa con i propri figli, spronandoli ad affrontare quelle difficoltà che si esprimono negli atteggiamenti che abbiamo descritto in precedenza (ndr depressione, calo dell’umore, rifiuto ad uscire). Laddove invece siamo già in un livello di cura, il minore potrebbe avere bisogno di un sostegno psicologico ad hoc. In casi di isolamento sociale,a seconda dello stadio in cui ci si trova (iniziale o avanzato), ci poniamo piccoli obiettivi che fanno parte di un percorso che ha come meta finale il ritorno ad una condizione di serenità con se stessi e con gli altri.

Quali difficoltà si possono incontrare in questo percorso?

La nostra difficoltà sta nell’individuare il professionista giusto che sia in grado di agganciare il giovane nella relazione. Anche la modalità è importante; a seconda di come si presenta la situazione, possiamo prevedere l’accesso del giovane nei nostri locali, piuttosto che visite domiciliari o incontri in modalità online. Ripeto, prima si interviene in questi casi, più il percorso sarà breve! In ogni caso, il primo passo è informarsi ed è per questo che anche una telefonata al nostro Cefam può aiutare ad orientarsi su come procedere.

Per approfondire l’argomento è possibile contattare il CEFAM – Centro Europeo Formazione Accoglienza Minori allo 3400088431 oppure scrivendo all’indirizzo mail cefam@fondazioneaibi.it.