L’importanza della mediazione familiare nel percorso di separazione

La mediazione aiuta ad affrontare il conflitto non in un’ottica distruttiva ma costruttiva”.

Mettere fine ad una relazione di coppia, soprattutto quando da quell’unione sono nati dei figli, non è mai semplice ed è spesso doloroso. La relazione tra i partner può essere interrotta, ma quello che non verrà mai meno è il diritto di ogni figlio a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, anche in seguito di separazione o di divorzio.

Raggiungere un accordo a volte non è semplice, ma è fondamentale per il futuro e il benessere dei minori, per i quali la mancanza di serenità, potrebbe avere ricadute sull’autostima, sulle competenze sociali e anche sul rendimento scolastico.

La mediazione familiare

A tale proposito viene in aiuto la mediazione familiare, pratica presente nel nostro Paese già da molti anni, ma venuta alla ribalta nel 2006 grazie alle legge sull’affido condiviso che ha sancito il principio della bigenitorialità.

Da allora molta strada è stata fatta, ma ancora molta ce n’è da fare, perché come sottolinea Elena Bresciani, mediatrice familiare: “Sono ancora poche le persone che si rivolgono alla mediazione. Manca ancora una cultura di base in Italia. Una resistenza dovuta forse alla mancanza di conoscenza di questo strumento”.

Abbiamo chiesto alla dottoressa Bresciani, 34 anni, laurea in giurisprudenza e master alla Cattolica di Milano in mediazione familiare, di accompagnarci nella conoscenza di questo istituto. Elena Bresciani collabora con Cefam (Centro Europeo Formazione Accoglienza Minori) come professionista di riferimento per la mediazione familiare.

 La mediazione familiare un istituto in via di evoluzione

Secondo la definizione della Società Italiana di Mediatori Familiari, la mediazione è “un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione, al divorzio o alla rottura della coppia a qualsiasi titolo costituita”. A vegliare sulla pacifica e costruttiva comunicazione delle parti, ai fini del raggiungimento di un accordo, è il mediatore familiare, professionista terzo ed imparziale.

Ma la definizione tradizionale si è evoluta nel tempo e, come spiega Elena Bresciani “Oggi tocca un po’ tutti quelli che sono i rapporti inter familiari in cui non si riesce a raggiungere un incontro. Pensiamo alle problematiche intergenerazionali tra genitori e figli adolescenti ad esempio o ai figli adulti che devono accordarsi per gestire la situazione di un genitore anziano. Se la mediazione, infatti, nasce in modo specifico per la separazione e il divorzio, in realtà, quello che è il senso dell’istituto, si può applicare a tutti gli ambiti relazionali presenti all’interno di una famiglia. La mediazione – continua – nasce proprio per cercare di lavorare insieme su quelli che sono i legami e le relazioni ed aiutare le persone che vivono un momento di fatica nel rapporto, o tra le quali, in qualche modo si è rotta la fiducia, per cercare di rilanciare, magari con un nuovo ruolo o un nuovo aspetto quel legame stesso”.

La mediazione non è una terapia di coppia!

Ma attenzione, la funzione della mediazione familiare non è una psicoterapia di coppia. Il suo obiettivo non è quello di cercare la risoluzione di un conflitto per rinsaldare il rapporto tra marito e moglie, mette in guardia la dottoressa Bresciani: “La mediazione familiare nasce dalla consapevolezza che il rapporto di coppia è finito, ma si vuole lavorare insieme per trovare un accordo rispetto a quella che è o sarà la nuova dimensione della famiglia. E’ un vero e proprio lavoro di presa di accordi, in cui  il mediatore ha  la funzione di aiutare a comunicare tra le persone”.

La volontà delle parti di esserci, di negoziare, di voler trovare un accordo è fondamentale: “Anche qualora vi sia un atto dal giudice, per lavorare in mediazione familiare è necessario che siano loro a scegliere volontariamente di usufruire di questa opportunità”. Come sono le parti ad individuare gli argomenti di cui parlare: “Sono le persone che decidono i punti che si vogliono toccare durante gli incontri, come ad esempio le condizioni economiche, come comunicare ai figli la separazione o il ruolo che i nuovi compagni avranno con i minori – chiarisce Elena Bresciani – Il mediatore non suggerisce nulla. Se per il professionista è importante toccare un argomento che le parti non portano duranti gli incontri, non se ne parla assolutamente. Sono loro che decidono. La mediazione – continua la dottoressa Bresciani – è un percorso che aiuta i genitori ad esplorare tutte quelle che possono essere le soluzioni rispetto alla problematica evidenziata, ma l’aspetto importante è che la soluzione individuata nasca e venga individuata da loro”.

La mediazione aiuta le parti ad affrontare il conflitto in modo costruttivo

Il mediatore non entrerà mai nel merito dei contenuti di quanto raccontato dalle parti nel corso degli incontri. Non entrerà mai in un aula di tribunale. Non redigerà una relazione, a meno che non siano le parti stesse a chiederlo. Ma anche in quel caso, il contenuto rimarrà interno alla coppia. Saranno loro a decidere liberamente se depositare in tribunale gli accordi raggiunti al termine del percorso.

Il mediatore familiare aiuta le parti ad affrontare un momento doloroso a livello personale, trasformandolo in un momento di nuova consapevolezza – sottolinea la dottoressa Bresciani – Le aiuta ad affrontare il conflitto in maniera positiva. A guardare oltre. Al benessere dei figli, ai quali spesso si fa fatica a dare spiegazioni. Questo è il motivo per il quale viene scelto questo strumento. È un percorso di consapevolezza. Un lavoro che mette al centro la relazione. Che valorizza quello che le parti possono diventare dopo la fine del loro rapporto. In una dimensione futura rispetto al loro legame e al legame con i figli.

Spesso il conflitto fa paura ma il conflitto è parte di tutte le relazioni. La mediazione ci aiuta ad affrontarlo al meglio, non in un’ottica distruttiva ma costruttiva”.

Maria Cristina Sabatini