Il difficile “mestiere” dell’Assistente sociale. Come cambiare per non restare indietro

Per adeguarsi alle nuove realtà sociali e garantire la tutela dei più fragili, è fondamentale che gli assistenti sociali seguano un’adeguata e continua formazione

Tutelare i diritti dei più fragili in un mondo che cambia. Questo è il compito degli assistenti sociali, 46mila professionisti che operano in diversi ambiti: dalla povertà alla salute mentale, dalle adozioni alla disabilità.
Per affrontare le nuove sfide sociali, però, serve una formazione sempre più forte e specifica, che garantisca la qualità del servizio e la competenza professionale.
Come sostiene Gianmario Gazzi, presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali “Se continuiamo a guardare la società con gli occhiali del ‘900 facciamo un errore. Bisogna adeguarsi alle nuove realtà, come i tanti tipi di famiglie che esistono oggi, senza pregiudizi o prese di posizione a priori. L’interesse del minore è sempre al primo posto”.

Investire nella formazione

Per questo, Gazzi chiede un investimento nella formazione degli assistenti sociali, che in Italia è inferiore a quella di altre professioni simili. “Chiediamo che ci siano almeno 70-80 crediti universitari in specializzazione, dopo i primi tre anni base – spiega – In questo modo, chi lavora nel campo delle adozioni o della disabilità o della salute mentale avrà un percorso specifico che gli consentirà di intervenire con maggiore efficacia”.

Difendere i diritti dei più deboli

Gazzi rivendica anche il ruolo degli assistenti sociali come difensori dei diritti dei più deboli e costruttori di reti di comunità e di volontariato. “Quando interveniamo, anche allontanando un bambino dalla famiglia, è perché non c’è alternativa e come professionisti abbiamo il dovere di mettere in sicurezza il minore – afferma – Solo dopo si lavora sulle competenze genitoriali, per costruire insieme le condizioni perché quel bimbo ritorni a casa”