Una sentenza recente della Cassazione dispone che non ci può essere alcuna imposizione da parte dell’autorità giudiziaria che obbliga il mantenimento dei rapporti tra i nonni e i nipoti
È “buona cosa” che i figli frequentino i nonni e i parenti di entrambi i genitori, tant’è che, in caso di separazione tra i coniugi, spesso nelle condizioni viene inserita la clausola secondo la quale il genitore non deve ostacolare gli incontri tra i figli e gli ascendenti dell’altro genitore.
I motivi possono essere molteplici e tutti validi.
Tuttavia una decisione della Suprema Corte esclude che il giudice possa imporre un obbligo di tale frequentazione.
Il caso di due minori
La vicenda prende spunto dalla richiesta dei nonni e dello zio paterno di due minori indirizzata al Tribunale per i minorenni di veder garantito l’esercizio del diritto loro riconosciuto dalla legge (art 317 bis c.c.), di mantenere rapporti significativi con i nipoti, lamentando di non poterli più incontrare a causa dell’opposizione dei genitori.
Il Tribunale accoglieva la richiesta e disciplinava le modalità degli incontri.
La decisione del Tribunale veniva confermata anche dalla Corte d’Appello ove i giudici del secondo grado avevano esortato i genitori dei bambini a comprendere l’importanza degli incontri con i nonni, sottolineando a quale “danno psichico” esponevano i loro figli, “costretti a vivere privati degli affetti che potrebbero arricchirli, in un clima indotto di paura e rancore”.
In pratica, in Appello il rapporto nonni-nipoti aveva avuto la prevalenza sull’interesse dei bambini.
Ma la Corte di Cassazione, investita della vertenza, ha disposto diversamente.
Fondamentale è il richiamo all’art. 8 CEDU, il quale non nega che lo Stato possa individuare obblighi positivi inerenti a un rispetto effettivo della vita privata o familiare, comprendente anche misure idonee a riunire il genitore e il figlio, pure in ipotesi di conflitto che oppone i due genitori, e lo stesso vale quando si tratta delle relazioni tra il minore e i nonni.
Tenere conto degli intessi dei bambini
Tuttavia lo Stato, attivandosi per favorire la comprensione e la cooperazione di tutte le persone interessate, deve tenere conto degli interessi superiori del minore. Così si è pronunciata più volte anche in precedenza la CEDU.
La Corte per la propria decisione si rifà al principio contrario su cui si era fondata la decisione dei gradi precedenti: le questioni afferenti alle modalità con cui riconoscere il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi coi nipoti minorenni devono essere risolte alla luce del primario interesse del minore.
Come detto all’inizio del nostro commento, ogni minore vanta un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale e affettivo, con i propri nonni, ma se da tali relazioni conseguono rapporti non armonici (o addirittura conflittuali) fra gli adulti, diventa necessario l’intervento giudiziale, quando gli adulti non riescono a superare le frizioni fra di loro, per assicurare che la frequentazione fra ascendenti e nipoti sia favorevole in modo reciproco o anche solo per i nipoti.
È quanto è accaduto nella sentenza in commento nella quale i giudici di legittimità affermano che il diritto a mantenere rapporti significativi coi nipoti minorenni legislativamente riconosciuto (art 317 bis c.c.), non attribuisce al medesimo un carattere incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, a una valutazione del giudice che mira all’“esclusivo interesse del minore”.
La sentenza è di rinvio alla Corte d’Appello con indicazione dei principi ai quali si dovrà attenere nell’emissione del giudizio.
Il ragionamento del giudice
La Corte reinvestita del caso dovrà valutare se il coinvolgimento dei nonni in un progetto formativo ed educativo sia utile per i minori.
Il principio del superiore interesse del minore, in questo caso anche di esclusivo interesse del minore, è ancora una volta il principio fondante del ragionamento del giudice, ma con una specifica ulteriore.
La decisione infatti, coerente con la precedente giurisprudenza per quanto riguarda l’interpretazione dell’art. 8 CEDU, diventa innovativa laddove indica alla Corte di merito di non limitarsi, come accaduto nel grado precedente, a constatare l’insussistenza di “un reale pregiudizio nel passare del tempo con i nonni e lo zio paterni”, quale accertamento in termini negativi della mera mancanza di conseguenze pregiudizievoli in esito alla frequentazione, ma di effettuare una valutazione (in termini positivi) della possibilità per gli ascendenti di prendere parte attivamente alla vita dei nipoti mediante la costruzione di un rapporto relazionale e affettivo, e in maniera tale da favorire il sano ed equilibrato sviluppo della loro personalità.
La conclusione
Conclude la Cassazione: “non è il minore a dovere offrirsi per soddisfare il tornaconto dei suoi ascendenti a frequentarlo, ove non ne derivi un reale pregiudizio, ma è l’ascendente a dovere prestarsi a cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo suo coinvolgimento possa non solo arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all’interesse del nipote”.