Parto anonimo: il tempo concesso alla madre per il riconoscimento è sempre subordinato alla tutela dell’interesse del minore

La Cassazione tutela il rapporto del bambino abbandonato alla nascita con gli affidatari ritenendo tardivo il ripensamento della madre naturale di riconoscere il figlio: in ciascun caso, l’interesse da tutelare prima di tutto è quello del minore

Il parto in anonimato è un diritto riconosciuto a tutte le madri, che possono recarsi in ospedale, per partorire in sicurezza e senza alcuna discriminazione rispetto alle madri che partoriscono non in anonimato. È un modo per tutelare le donne e dare anche al bambino che nasce la possibilità di un’assistenza immediata e di essere adottato in tempi molto brevi, trovando subito il calore e l’affetto di una famiglia.

La legge, però, tutela anche il diritto della madre biologica a “ripensare” la sua decisione di partorire in anonimato, subordinando comunque questa eventuale decisione con quello che è l’interesse del minore.

Interrompere un rapporto consolidato creatosi con i genitori affidatari non è nell’interesse del minore

Una recente decisione della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una madre che rivendicava il diritto a ottenere un termine per il riconoscimento del figlio dopo aver scelto di partorire in anonimato.
Nel caso specifico, l’affidamento preadottivo del bambino abbandonato alla nascita era avvenuto dopo 6 mesi e per questo è stato ritenuto preminente (nell’interesse del minore) il rapporto instauratosi con la famiglia affidataria che poi l’ha adottato a 8 mesi. È stata data dunque ragione alla sentenza della Corte Territoriale che riconosceva come interrompere il rapporto con i genitori affidatari sarebbe stato certamente un trauma per il minore, mentre il solo legame biologico con la madre naturale non bastava a far rientrare il legame nella nozione di “vita privata e familiare”.

Questo, però, non basta a dichiarare in modo certo che con l’affidamento preadottivo decadano i termini per il ripensamento da parte della madre naturale. In un precedente caso, per esempio, la Corte di Strasburgo aveva dato ragione alla mamma naturale, condannando l’Italia per aver concesso la dichiarazione di adottabilità dopo soli 27 giorni dalla nascita di due gemelli.

In realtà non esiste un tempo preciso per il ripensamento: il concetto fondamentale è che, nel momento in cui il minorenne ha rapporti con affidatari, questi vengono tutelati dal sistema se corrispondono all’interesse del minore, in contrapposizione con il mancato legame con la madre biologica il cui ripensamento avviene tardivamente rispetto alle relazioni che nel frattempo il figlio ha allacciato.