Quando il lavoro di rete funziona. Mario: la storia di un’accoglienza di successo

Donato Fuccella: “Viviamo in una società in cui il nucleo familiare non ha più il valore di un tempo. Divorzi, litigi sono ascrivibili all’individualismo imperante nella nostra società e così i minori crescono senza punti di riferimento. I più deboli vanno sostenuti”

Donato Fuccella ha 51 anni e da marzo 2017 è coordinatore della comunità di accoglienza per minori fragili Casa Pinocchio.

Una carriera professionale trascorsa con l’obiettivo di aiutare i minori in difficoltà. Un lavoro a volte non semplice, ma quando anche un singolo giovane uomo viene strappato al disagio e riconsegnato alla vita, la soddisfazione è grande e si percepisce nelle parole di Donato, perché non è possibile non affezionarsi a questi ragazzi: “Non sono rapporti che si spengono con un interruttore – racconta Donato – Ho ragazzi che non vedo da anni e che mi chiamano, è una ricchezza anche per noi”.

A volte il percorso costruito e portato avanti per i minori è il frutto di un’ importante e valida sinergia tra diversi attori, come servizi, privato sociale, famiglia e scuola. L’esempio di cosa si possa realizzare grazie alla valida e fruttuosa collaborazione tra enti e professionisti competenti.

Come è accaduto per Mario, giovane ospite di Casa Pinocchio, per il quale è stata attivata una sinergia di successo, grazie alla quale è stato possibile portare avanti un lavoro complesso durato quasi 4 anni: dal momento in cui Mario è stato accolto nella comunità fino al compimento dei 18 anni, quando il giovane ha deciso di tornare a vivere con la propria famiglia.

Ma andiamo con ordine.

Storia di un’accoglienza di successo. Mario è figlio di una famiglia italiana e benestante: il disagio è trasversale

Mario è figlio di una famiglia italiana, benestante, a dimostrazione che il disagio è trasversale e non tocca esclusivamente particolari classi della società.

Il quadro familiare, come quello di molti ragazzi ospiti della struttura non era affatto semplice a causa di forti litigi fra i suoi genitori, sfociati in agiti di violenza assistita dal minore che all’epoca aveva 12 anni.

Così il Tribunale dei minori, intervenuto nella vicenda, stabilisce che Mario debba essere allontanato dalla sua famiglia e affidato alle cure degli educatori di Casa Pinocchio.

L’obiettivo era chiaro, spiega Donato: “Togliere immediatamente Mario dalla situazione di pregiudizio in cui versava, ma anche tentare un recupero e un accompagnamento per l’acquisizione di strumenti di capacità genitoriale da parte del nucleo familiare”.

Infatti, i genitori avevano manifestato anche disturbi psicologici ed erano in carico al CPS del territorio.

Il lavoro da intraprendere per traghettare Mario e anche la sua famiglia fuori dalla situazione di disagio era quindi complesso ed importante, ma fortunatamente per il giovane si è da subito attivata una valida rete di aiuto: “Il servizio sociale ha pensato di realizzare una rete tra servizio sociale, psichiatria dei genitori, neuropsichiatria infantile per la presa in carico di Mario, oltre che ad una psicoterapia sistemica familiare. Un percorso che non è un unicum ma non è neanche una prassi scontata – sottolinea Donato – Perché purtroppo abbiamo servizi sempre più a macchia di leopardo. Molti sono attrezzati e competenti ma altri, purtroppo, per mancanza di attenzione politica al settore, sono relegati ad avere un turnover impressionante”.

Storia di un’accoglienza di successo: in comunità Mario rivela tutto il suo dolore

Mario, intanto, entrato in comunità rivelava tutto il suo dolore, il trauma e il disagio attraverso atteggiamenti provocatori e opponendosi contro tutto e tutti, facendo vivere momenti di certo non facili per gli educatori della comunità.

Ma Mario, al di là del trauma possedeva anche una grande risorsa: delle capacità cognitive superiori alla media e come sottolinea Donato “delle strategie di coping rispetto ai traumi che, se non potevano compensare il suo malessere, gli hanno comunque permesso di essere accompagnato a frequentare un indirizzo scolastico”.

È stato molto difficile individuare per Mario il percorso scolastico più adatto. Il giovane ha infatti cambiato due scuole. Non riusciva ad integrarsi con i suoi compagni e le sue modalità di porsi non lo aiutavano di certo!

Il minore soffriva, ma allo stesso tempo non riusciva a costruire delle relazioni significative con il prossimo. Un’incapacità derivante dai traumi che aveva vissuto. Un’assenza che ha costituito anche il suo profondo dramma interiore.

Ad aiutare Mario ci hanno pensato gli educatori di Casa Pinocchio, il lavoro svolto con il supporto della psicoterapia e l’incontro, quasi a cadenza settimanale, del ragazzo con il proprio nucleo familiare, in uno spazio neutro, alla presenza di un educatore.

Storia di un’accoglienza di successo. “Lo spazio neutro è un pezzo importante della rete”

“Lo spazio neutro è un pezzo importante della rete – spiega Donato- Durante quell’oretta insieme si rielabora quella che è la dinamica familiare, ma è stato molto faticoso. Mario nell’evolversi delle fasi, dapprima è stato molto svalutante, oppositivo. Il lavoro è stato quello di ricongiungere in maniera graduale il nucleo familiare mettendo in evidenza quali sono e quali sono stati gli elementi disfunzionali. Ed erano molti. I genitori non erano in grado di assumersi le proprie responsabilità rispetto a tutto il quadro del disastro. Addirittura Mario veniva incolpato di tutti i problemi. È stato davvero un lavoro titanico, svolto in rete attraverso anche la psicoterapia sistemica. Oltre lo spazio neutro, vi era una psicologa che si occupava dei genitori e una neuropsichiatra infantile per Mario. Così attraverso continui feedback ricevuti e dati si cercava una sinergia per il minore”.

E alla fine un barlume di luce è arrivato. Mario ha iniziato finalmente a trovare la sua dimensione.

Il cambio di rotta è giunto proprio grazie ad una intuizione di Donato: individuare per Mario una scuola che incontrasse i suoi desideri realizzativi. Con l’iscrizione al nuovo istituto, il giovane ha lentamente trovato se stesso: “Grazie ad un ambiente dove poteva interagire in maniera funzionale – chiarisce Donato – Ha fatto amicizia con i compagni del corso che lo hanno preso subito in simpatia e ha normalizzato la sua quotidianità. È stato promosso, in prima, in secondo e ora deve andare in terza”.

Ora che Mario ha compiuto 18 anni ed ha terminato il suo percorso a casa Pinocchio, il giovane ha scelto di tornare a vivere dalla sua famiglia.

Un passaggio importante quello del ritorno a casa che è stato preparato e accompagnato dagli educatori: “Negli ultimi mesi abbiamo pensato ad un accostamento sempre più importante tutti i fine settimana e poi anche di più giorni per riavvicinare a casa Mario pur rimanendo in una situazione protetta. Per testare, prima della fine della tutela se ci fossero delle criticità – spiega Donato – Invece, fino al momento della dimissione, i rapporti sono stati sempre positivi, anche se, chiaramente, non è stato cancellato tutto con un colpo di spugna!”

Un ottimo lavoro reso possibile solo grazie alla rete di tutti gli attori coinvolti e alla passione degli educatori di Casa Pinocchio: “Questo lavoro è possibile grazie a tutta l’equipe di Casa Pinocchio e grazie allo sforzo di Ai.Bi. e di AIBC. È auspicabile che sempre più associazioni e cooperative di questo genere vengano valorizzate e supportate. Viviamo in una società in cui il nucleo familiare non ha più il valore di un tempo. Divorzi, litigi, senza parlare delle conseguenze più estreme come femminicidi, sono ascrivibili all’individualismo imperante nella nostra società e così i minori crescono senza punti di riferimento. I più deboli vanno sostenuti”.

Oggi Mario ha finalmente capito chi è. È riuscito a rielaborare il suo trauma e si avvia verso un futuro più sereno.

Ma quanti Mario sono lì fuori ancora che attendono?