Rischia di perdere l’affido, il genitore che non preserva i rapporti del figlio con l’altro genitore

I figli hanno il diritto di mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori anche dopo la fine della relazione tra i partner. In caso contrario ad intervenire sarà il giudice

Un figlio ha diritto ad intrattenere rapporti significativi e continui, qualora possibile, con entrambi i genitori, sia che questi abitino assieme sia che, finito l’amore, ognuno abbia costruito la propria strada lontano dall’ex partner.

Ma cosa accade quando l’ex partner faccia di tutto per “mettere i bastoni tra le ruote” nella relazione tra genitore e figlio, ostacolando il loro rapporto?

Attenzione, perché l’ex coniuge che non preservi la continuità delle relazioni del figlio con l’altro genitore, potrebbe perderne l’affido e vedersi sospendere dal giudice la potestà genitoriale.

Così ci ricordano due recenti sentenze della Corte di Appello di Roma, la 2596 del 20 aprile 2022 e 2879 del 2 maggio 2022. Protagoniste in entrambi i casi due mamme separate che mettevano in atto comportamenti per impedire il proseguimento di relazioni serene e continue tra l’ex coniuge e il figlio/a.

Scopriamo di più sulle due pronunce aiutandoci con quanto riportato dal quotidiano Sole 24 Ore.

Corte d’Appello di Roma sentenza 2596 del 20 aprile 2022

Con la pronuncia 2596 del 20 aprile 2022, la Corte di Appello di Roma ha confermato la pronuncia del Tribunale che aveva dichiarato una donna decaduta dalla propria responsabilità genitoriale e condannato la stessa a pagare all’ex marito e al figlio la somma di 40mila euro a titolo di risarcimento del danno, per i ripetuti e sistematici comportamenti messi in atto per impedire il rapporto padre-figlio.

La donna, seppure sospesa dalla responsabilità genitoriale, era arrivata infatti, in maniera illecita e del tutto autonoma, a cambiare residenza, cambiare scuola al figlio, fino ad interrompere completamente la frequenza scolastica del minore.

Il Tribunale, si legge sul Sole 24 Ore stante la “gravità delle condizioni del minore e «il preoccupante profilo di personalità della madre», a fronte «dell’atteggiamento assolutamente oppositivo» della madre «a ogni intervento predisposto a mezzo dei servizi», aveva così deciso di far decadere la madre dalla responsabilità genitoriale e di collocare il figlio presso il padre.

Questo non aveva comunque fermato la donna che si era presentata in giorno festivo a casa dell’ex marito con un falso decreto del Tribunale per i minorenni nel quale era indicata la disposizione dell’immediato rientro del giovane presso di lei.

La Corte – riporta Osservatorio Famiglia–  rigettando il ricorso, ha confermato la sentenza della Corte di Appello che aveva dichiarato la decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre affetta da sindrome di Munchausen per procura. I giudici hanno ritenuto opportuno inoltrare copia della pronuncia alla Procura della Repubblica «per ogni opportuna valutazione circa la necessità di invocare» una misura di protezione a tutela del figlio, prossimo alla maggiore età. I diversi consulenti che si erano avvicendati nei diversi gradi di giudizio avevano riscontrato «la patologia del rapporto madre-figlio, improntato a una pericolosa simbiosi, alla pregiudizievole forte pressione operata dalla madre per un patologico rapporto di alleanza con il minore inducente in quest’ultimo, fra l’altro, la suggestione di un grave disagio psicologico legato alla frequentazione con il padre», tanto da ravvisare «il concreto rischio di una sindrome di Munchausen per procura»”.

 Corte d’Appello di Roma sentenza 2879 del 5 maggio 2022

Anche con la sentenza, sempre della Corte di Appello di Roma 2879 del 5 maggio 2022, i giudici hanno respinto l’appello di una madre contro la pronuncia di primo grado del Tribunale che disponeva l’affido esclusivo della figlia al padre e il collocamento presso di lui.

Secondo la Corte, infatti, la donna aveva “palesemente inteso condizionare, fino alla totale compromissione, il rapporto della figlia con l’altro genitore, facendo della minore lo strumento delle sue rivendicazioni nei confronti del coniuge, ponendo in essere ininterrottamente una infinita serie di ostacoli al loro rapporto”. La donna aveva inoltre “esposto a rischio la serenità della bambina riportando, peraltro in termini del tutto di parte, gli estremi della vicenda sui social”. Infine, la madre aveva: “di fatto interrotto gli incontri con la figlia inducendo nell’animo di B. un’ulteriore, ingiustificata, ferita”. Per questo, la Corte ha ritenuto che “i provvedimenti adottati dal primo giudicante in ordine all’affido ed al collocamento della minore in favore del padre appaiono necessitati e non meritano censure”.