Il 14 settembre si torna sui banchi di scuola. Cosa devono fare i genitori per aiutare i propri figli a tornare alla normalità dopo mesi “anomali”?
Il 14 settembre si torna sui banchi di scuola. Cosa devono fare i genitori per aiutare i propri figli a tornare alla normalità dopo mesi “anomali”? Soprattuto se i ragazzi faticano a tornare a una vita dove i rapporti non siano più soltanto virtuali o mediati dal computer? A spiegarlo, in un’intervista con la Gazzetta del Sud, è il dottor Angelo Fabio Costantino, piscologo, psicoterapeuta, giudice onorario del tribunale dei minori di Messina e garante per l’Infanzia del Comune di Messina.
“Ci dobbiamo chiedere – ha detto il dottor Costantino – cosa abbiamo tolto a questi ragazzi. Da un giorno all’altro, il 10 marzo del 2020 a questi ragazzi è stata tolta la scuola, i coetanei, la socialità e il tempo libero. Si sono trovati chiusi in casa e hanno cominciato a riempire il tempo con quello che hanno potuto. Per tornare alla normalità ci vuole tempo e questi ragazzi hanno subito quello che viene chiamato da noi clinici un disturbo post traumatico da stress. Ci vengono riferiti ansia, disturbi fobici, difficoltà di adattamento. Dobbiamo farci carico di questo, ma non dobbiamo pensare soltanto che il problema sia dei ragazzi: dobbiamo creare un ambiente e un contesto che possa essere per loro rassicurante”.
“I ragazzi nel periodo di lockdown – prosegue Costantino – hanno sperimentato la paura, la noia, si sono fatti compagnia con i social, con il PC, con le loro lezioni a distanza, adesso per loro è difficile separarsi da quello che è stato per loro un oggetto di rassicurazione, quasi un oggetto transizionale. Un oggetto che per noi è una mediazione tra la loro situazione di isolamento e quello che è il mondo esterno. Gli abbiamo raccontato che fuori c’era la morte, che c’era il rischio di perdere le persone care. Oggi i ragazzi sono liberi ma non vogliono uscire di casa, noi dobbiamo farci carico di questo. Dobbiamo rassicurarli. Dobbiamo provare a creare il loro coraggio: l’altra faccia della paura è il coraggio, questi ragazzi hanno paura di rimettersi in gioco, di incontrarsi, di riprendere la vita di tutti i giorni. Il coraggio viene dalla sicurezza, noi possiamo abituarli e avvicinarli al coraggio facendoli sentire sicuri, raccontandogli di un ambiente prevedibile, rassicurante, accogliente”.
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