Sanità. Che cos’è l’Adhd e come si affronta?

Iperattivi, impulsivi e disattenti sono alcune delle caratteristiche delle persone con Adhd, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Approfondiamo le sfaccettature del disturbo e come affrontarlo

Secondo le statistiche, il 5 per cento dei bambini convive con l’Adhd, Disturbo da deficit di attenzione e iperattività, spesso al centro di campagne negazioniste che accusavano medici e psicologi di affibbiare facili etichette a bambini troppo vivaci.

Come riconoscere l’Adhd

In Italia, sono 950.000 adulti e 330 minori, di cui 66.000 colpiti da una forma più grave del disturbo.
Questo stando alle stime prodotte da Aifa Aps, l’Associazione italiana famiglie Adhd, nata nel 2002 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema e dare sostegno ai familiari.
Solitamente, manifestano difficoltà a casa e a scuola, dove risultano iperattivi, impulsivi, disattenti, quando sono bambini.
Altre problematiche si riscontrano quando sono adulti: hanno difficoltà nell’interazione con gli altri, vanno incontro più facilmente a divorzi o perdendo altrettanto facilmente il lavoro.
Il riconoscimento precoce del disturbo però può permettere di attuare un trattamento tempestivo che avrà ripercussioni positive sulla qualità della vita del bambino e della famiglia con costi contenuti.
Secondo Luigi Mazzone, primario di Neuropsichiatria infantile al Policlinico universitario Tor Vergata di Roma “Due terzi dei ragazzi con Adhd va incontro, nell’età adulta, a una vita normale”.

Gli approcci all’Adhd

A fronte di percorsi diagnostici ben definiti e standardizzati, uno dei problemi è quello di distinguere il disturbo da un semplice comportamento esuberante.
“Quando si parla di Adhd, non c’è il bianco e il nero. –  Spiega Luigi Mazzone – Non c’è un tampone che ti dice se sei positivo o negativo come per il Covid. Si tratta piuttosto di una dimensione, come la febbre o come la pressione arteriosa: quando i sintomi di iperattività superano la soglia critica, subentra un problema di compromissione funzionale. Insomma, se il ragazzino prende spesso delle note a scuola, viene bocciato, non ha amici, ha poca autostima, si sente depresso, allora abbiamo il dovere di intervenire”.
Si affronta generalmente con una terapia cognitivo comportamentale, per arrivare a quella farmacologica solo come ultimo step.
“Ci sono ragazzini diversi con bisogni diversi – sottolinea Mazzone –. Di volta in volta il bravo medico deve analizzare i bisogni specifici e decidere per una psicoterapia o per una terapia farmacologica, in base alle esigenze del bambino”.

Adhd dopo i 18 anni

Con l’età adulta, l’iperattività tipica dei bambini viene sostituita da un ininterrotto lavorio del cervello, che rende più difficile la concentrazione.
E chi individua il disturbo in fase adulta, spesso arriva nei Centri di riferimento con problemi di ansia, depressione, disturbo bipolare dipendenza da sostanze o da farmaci.
“Spesso ci troviamo di fronte ad adulti meno istruiti, con lavori più precari e situazioni relazionali difficili. Insomma, il nucleo neurobiologico impatta sullo sviluppo della personalità e sul versante affettivo, lavorativo e relazionale”. Ha spiegato Andreas Conca, direttore del Comprensorio sanitario di Bolzano e promotore, del primo ambulatorio pubblico italiano per la diagnosi e cura dell’Adhd.
In Italia siamo purtroppo in forte ritardo, dall’ultima analisi che abbiamo fatto su oltre 200 Dipartimenti di salute mentale è emerso che solo il 12% si occupa di questo disturbo – aggiunge Andrea Conca –. Dare un nome e cognome al proprio disagio attraverso una diagnosi rappresenta di per sé un elemento curativo, perché sapere di avere un vero e proprio disturbo e non di essere semplicemente dei tipi strani cambia il modo di vedere sé stessi e impatta sull’autostima.
La diagnosi è un momento illuminante, anche se di grande sofferenza. A quel punto si può cominciare una terapia basata su tre colonne: i farmaci, la psicoterapia o la psico-educazione e il supporto socio-educativo”.