Una nuova forma di esclusione: i bambini con l’etichetta

Zappella: “Ogni settimana vedo bambini che hanno ricevuto una neurodiagnosi, soprattutto di autismo e dislessia e nella maggior parte dei casi la diagnosi è errata. Disturbi emotivi, di origine ambientale, vengono scambiati per gravi patologie neuropsichiatriche”.

Secondo un’indagine Istat, negli ultimi 5 anni le diagnosi di dislessia nei bambini sono aumentate del 100% passando da 94.000 a 188.000, mentre quelle di disgrafia sono schizzate del 192%. Non va meglio per i casi di autismo, che, negli ultimi 20 anni sembrano essersi addirittura quintuplicati passando dallo 0,3 all’1,5%.

Si tratta di un fenomeno in crescita in tutti i Paesi industrializzati e l’interrogativo che inizia ad insinuarsi nella mente di alcuni è se, forse, a fronte di un passato in cui tali disturbi venivano sottostimati, oggi non si stia esagerando nel senso opposto.

Di tale avviso è anche Michele Zappella docente di Neuropsichiatria infantile all’Università di Siena, un’esperienza di oltre 50 anni nel campo dei neurodisturbi, in particolare dello spettro autistico.  Nel suo libro “Bambini con l’etichetta”, pubblicato recentemente dalla casa editrice Feltrinelli, Zappella si pone in maniera critica di fronte “alla strategia di definizione precoce della diversità promossa dal sistema scolastico, sanitario e culturale”.

A raccontarlo è il Venerdì di Repubblica.

Ogni settimana nei miei studi di Roma e di Siena arrivano bambini che hanno ricevuto una neurodiagnosi, soprattutto di autismo e dislessia – spiega Zappella al Venerdì- e nella maggior parte dei casi la diagnosi è errata. In sostanza dei disturbi emotivi, di origine ambientale, vengono scambiati per gravi patologie neuropsichiatriche”.

 Prendiamo il caso delle diagnosi di autismo, “a volte questa viene fatta per bambini che sono solo molto timidi, con difficoltà relazionaliMolti hanno situazioni familiari difficili – spiega il neuropsichiatra – spesso esce fuori che il loro vero problema è il bullismo”.

In alcuni casi il problema delle diagnosi errate può ricondursi all’utilizzo di questionari “ che hanno un peso decisivo nella valutazione, ma un’affidabilità limitata– commenta il professore-  e poi ci sono le valutazioni cliniche dirette, di solito effettuate in ambienti ospedalieri, da estranei in camice bianco, senza curarsi del fatto che i bambini, in un contesto allarmante, modificano il proprio comportamento”.

 Insomma, sottolinea il professor Zappella: “Il problema è l’allineamento con un sistema di stampo nord americano, che pretende di ridurre la complessità dei disturbi a un contesto standardizzato. Attribuendogli un’etichetta, ci si sbarazza del problema. Le difficoltà dei bambini non riguardano più la scuola: è un problema neurobiologico, basta seguire le linee guida del Ministero”…

Non ci sono poi solo i bambini. Nessuno pensa anche all’impatto che queste diagnosi errate possono avere sui genitori causando a volte anche fenomeni depressivi, senza contare il carico economico ed organizzativo delle terapie.

 E a volte, dietro “l’esplosione delle neurodiagnosi, ci sono i disturbi comportamentali di bambini con genitori fragilissimi, troppo presi sul piano emotivo che su quello educativo – ribatte Daniele Novarapedagogista e fondatore del Centro psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti – il bambino che disturba non esiste più: esiste il bambino con un disturbo. Ma quel marchio lo accompagnerà per tutto il percorso scolastico e prefigura la sua collocazione lavorativa”.