Senza scuola, con uno schermo a mediare inevitabilmente ogni relazione, gli adolescenti hanno vissuto il loro anno più buio. Mentre i genitori si interrogano con la paura di sbagliare.
L’adolescenza, si sa, è l’età più difficile e irrequieta, per i ragazzi che vi si trovano immersi, ma anche per i genitori che faticano a capire e rispondere in modo adeguato ai bisogni dei figli.
Quest’anno la Pandemia ha ulteriormente complicato la situazione, caricando sulle spalle dei ragazzi il peso di una situazione che ha letteralmente sottratto loro quello che è il cardine della vita di un adolescente: la scuola.
Adolescenti e Covid: uniti, e divisi, da uno schermo
Le difficoltà non sono state subito evidenti e, anzi, il primo lockdown è tato vissuto quasi come un atto di eroismo, sostenuto dall’illusoria speranza che si trattasse di una situazione passeggera e a settembre il mondo sarebbe tornato quello di prima.
Terminata l’estate, però, la situazione non è cambiata e il contraccolpo è stato fortissimo: il presente dei ragazzi si è trasformato in una vita da passare per lo più davanti a uno schermo, soli nella propria stanza, per quei fortunati che ne hanno una, oppure sul tavolo di cucina, sul divano… cercando di ritagliarsi un angolo di privacy tra fratelli in DAD anche loro, quando non più piccoli ancora e bisognosi di attenzione, e genitori in smartworking.
Tutto questo si è inevitabilmente trasformato in stress, e lo stress è la benzina che alimenta tutti i disagi psicologici. A sottolinearlo a Il Giornale è Fulvio Ravera, psichiatra e psicoterapeuta, cofondatore delle Comunità terapeutiche Crest e La Ginestra, nonché direttore dei reparti Abuso e dipendenze da sostanze stupefacenti e farmaci e Disturbi di personalità e disturbi psicotici della casa di cura Le Betulle di Appiano Gentile. “In pratica – riporta l’articolo de Il Giornale – se uno ha una vulnerabilità, lo stress la aumenta”, aggravando, di fatto, tutte quelle patologie ad esso collegate come l’abuso di droghe e alcol, l’autolesionismo, i disturbi alimentari e la depressione.
Tra gli ostacoli del Covid
Il vuoto delle relazioni ha lasciato spazio agli schermi (fino a 10 ore al giorno, tra lezioni, compiti e videogiochi) e a “riempitivi” come il fumo. Il tutto in una sostanziale “dimenticanza del corpo, che è invece il mezzo attraverso cui gli adolescenti vivono le proprie sfide”. Il risultato è stato quello di ridurre la vita dei ragazzi a “una relazionalità e una conoscenza incorporee”.
Ravera è un grande conoscitore dei ragazzi adolescenti ed è l’autore del libro Anime adolescenti. Quando qualcosa non va nei nostri figli. Come accorgersene e cosa fare. Qui, in base a dati riferiti al 2019, aveva mostrato come il 20% dei ragazzi in Italia adottasse comportamenti autolesionisti occasionali o ripetuti nel tempo. Ora, con la pandemia, la situazione non solo è ulteriormente peggiorata, ma “c’è stata anche una ripresa in pazienti nei quali eravamo riusciti a ridurlo grazie alla terapia”.
Davanti a questi scenari, i primi a trovarsi in difficoltà sono i genitori, per la paura di quello che può capitare ai figli e il dubbio di non accorgersi del disagio. Ma, sottolinea Ravera, questo è proprio quello che impedisce di vedere, mentre il punto centrale deve essere “osservare i propri figli e annotare i cambiamenti bruschi”, senza mai lasciarli soli.
Il telefono, perennemente in mano a tutti i ragazzi, è un mezzo potentissimo e bisogna conoscerne regole e pericoli ed essere capaci di “immaginare limiti e confini”. Ma l’arma più importante di tutte in mano ai genitori è quella del dialogo: “Se i ragazzi possono confidarsi con i genitori su ciò che tanno vivendo, difficilmente si andrà incontro a certi problemi, perché i ragazzi sentono di avere un rapporto sicuro”.