Cassazione. Figli di tossicodipendenti. Adozione legittima se le possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali non siano effettive e reali

Nella verifica di tali possibilità, anche tramite una perizia di esperti, può essere considerata l’idoneità della famiglia allargata – nonni – e il loro comportamento e interesse concreto nel corso delle vicende del nipote

Con ordinanza n. 4491 del 19/02/2021 la sezione prima civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei genitori di una bambina contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze con cui era stata dichiarata l’adottabilità della loro piccola nata con una intossicazione da metadone.

Ecco le premesse della procedura:  “Con sentenza n. 82 del 6/7/2018 il Tribunale per i minorenni di Firenze, confermando la già disposta sospensione della responsabilità genitoriale, aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore, che alla nascita era risultata positiva al metadone per l’uso fattone dalla madre, essendo emerso già in tale occasione che entrambi i genitori avevano problemi legati alla tossicodipendenza; il Tribunale aveva inoltre disposto l’interruzione di qualunque rapporto della minore con i parenti e ne aveva ribadito il collocamento etero familiare preadottivo.

La Corte di appello di Firenze ha confermato tale statuizione, respingendo i separati appelli proposti distintamente dai genitori e dai nonni paterni” (che ne avevano richiesto l’adozione). I genitori ed i nonni paterni hanno così proposto unico ricorso in Cassazione, respinto definitivamente dai giudici della sezione prima civile della Corte.

Il ricorso in Cassazione

Nel ricorso in Cassazione è stata, in primo luogo, sostenuta dai ricorrenti: “la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8,9,12,15,16 e 27- e- l’insussistenza dello stato di abbandono della minore per ritenuta inidoneità dei nonni paterni”.

A tale proposito i giudici della I sezione hanno ribadito come l’accertamento compiuto dalla Corte Territoriale “muovendosi in linea con i principi volti a valorizzare il contributo al mantenimento del rapporto del minore con la famiglia di origine anche mediante le figure vicarie interfamiliari (Cass. n. 28257 del 04/11/2019) – abbia – […] formulato un giudizio sulla loro inidoneità, avendo tenuto conto del comportamento in concreto tenuto nel corso delle vicende vissute dalla neonata, del fatto che era stato necessario collocarla prima presso un Centro e poi in affido etero familiare, in assenza di concrete disponibilità parentali, della sporadicità dei rapporti con la minore e con i Servizi sociali e del carattere piuttosto formale degli stessi, privi di specifiche manifestazioni di concreto interesse alle condizioni di salute e di vita della minore”.

[…]

“Quel che è emerso dalla ricostruzione fatta dalla Corte di appello (senza evidenze contrarie rappresentate con le modalità della legge processuale) è che sin dalla nascita si evidenziarono problemi di salute della bambina e che i nonni, anche se non avevano capito che questi erano da collegare all’uso della droga, avrebbero potuto e dovuto prontamente intervenire, intervento che tuttavia non emerge. Non può non rimarcarsi che si parla di una neonata e che i trascorsi dei due giovani genitori erano comunque noti e tali da indurre una attenzione rafforzata nei nonni paterni”.

 Quando sussiste lo stato di abbandono?

Secondo la Suprema Corte: “Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione” (Cass. n. 5580 del 04/05/2000; Cass. n. 4503 del 28/03/2002): ciò perchè “il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali” (Cass. n. 7559 del 27/03/2018).

La piccola continuerà quindi a vivere con la famiglia preadottiva senza più contatti con quella biologica, in attesa dell’adozione ufficiale.

 Il messaggio della Corte di Cassazione è chiaro:

– la valutazione dell’abbandono è competenza del giudice di merito (tribunale e corte d’appello) e dunque dinnanzi alla Suprema Corte non è possibile compiere una nuova valutazione del caso.

– Nel valutare la sussistenza dell’abbandono non transitorio occorre

a) verificare se ci sia, e se sia effettiva e attuale, la possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, anche tramite una perizia di esperti e

b) considerare anche l’idoneità della famiglia allargata (nonni), ma verificando però il loro comportamento e interesse concreto nel corso delle vicende della nipote.

Per la sentenza completa: La Legge per tutti QUI