Con il covid aumentano i casi di autolesionismo e tentato suicidio anche tra i giovani

Confrontando il primo semestre del 2020 con quello del 2021 emerge infatti, un’allarmante +50% di segnalazioni a Telefono Amico Italia e i giovani non sono di certo esclusi

Nel secondo anno di pandemia, sono cresciute le richieste d’aiuto legate al suicidio ricevute da Telefono Amico Italia: “nella prima metà del 2021 – sottolinea l’associazione, come riportato da Agensir– sono state quasi 3mila le persone che si sono rivolte a Telefono Amico Italia perché attraversate dal pensiero del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un proprio caro, quasi il triplo rispetto alle segnalazioni del periodo pre Covid”. Ma non è tutto, perché come evidenzia Telefono Amico, con il prolungarsi dell’emergenza dovuta al coronavirus, il numero di segnalazioni, purtroppo sembrerebbe essere in aumento. Confrontando il primo semestre del 2020 con quello del 2021 emerge infatti, un’allarmante + 50% e i giovani non sono di certo esclusi.

 C’è un trend in aumento negli ultimi anni di problematiche legate alla salute mentale – osserva Michela Gatta, direttrice dell’Unità operativa di Neuropsichiatra infantile dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, come riportato da Agensir- e in particolare all’autolesionismo anche suicidario. Negli ultimi 18 mesi abbiamo visto in modo particolare queste situazioni anche in età infantile, ma soprattutto adolescenziale”

Una crescita esponenziale dovuta anche alla mancanza di contatti e relazioni, così importanti soprattutto per i più giovani, che hanno visto modificarsi repentinamente la propria quotidianità, sperimentando solitudine e paura, per la propria salute, per i propri cari, per il futuro: “Un ragazzo in crescita – spiega Michela Gatta– ha bisogno delle relazioni con i pari e gli adulti significativi nel suo percorso di crescita e di evoluzione psicofisica – il venir meno della routine quotidiana ha comportato -Anche in storie e situazioni diverse, una condizione di insicurezza, di precarietà, di incertezza, che negli ultimi 18 mesi sta caratterizzando la vita di tutti, piccoli e grandi: non si sa cosa ci riserva il futuro, né c’è la possibilità di fare un progetto a lungo termine, per non parlare degli aspetti di ansia, preoccupazione e stress per chi ha vissuto da vicino l’esperienza del Covid, personalmente o con i propri cari, ma anche per chi indirettamente ne ha risentito a causa della perdita del lavoro o di difficoltà economiche”.

Non sempre è semplice cogliere i segnali del disagio. Non esistono dei sintomi specifici.

Occorrerà allora, spiega la neuropsichiatra infantile: “cercare di cogliere l’eventualità di una sofferenza di fronte a cambiamenti affettivo-comportamentali, soprattutto chiusura e ritiro; verbalizzazioni di autosvalutazione e negativismo estremi; demotivazione e disinvestimento da attività, oggetti, persone care su cui solitamente si investe emotivamente. Chiaramente ci allertiamo nel momento in cui ci sono manifestazioni di autolesionismo della superfice corporea che magari non sono poste in essere con intento suicidario ma che sono correlate una possibile evoluzione in comportamenti di tipo suicidario”.

Ecco che allora “la rete sociale” della famiglia, degli amici, diventa davvero importante per “non fare sentire solo il giovane che soffre e per accompagnarlo, qualora necessario, verso un supporto di tipo specialistico: “C’è chi lo accetta – spiega Gatta- chi riesce a chiederlo direttamente, c’è chi lo rifiuta, chi se ne vergogna, chi fa fatica ad accedere a questa dimensione per motivi legati al pregiudizio e allo stigma e chi è talmente disperato che non ha fiducia nella possibilità di essere aiutato. Le situazioni possono essere molto diverse, ma è importante prendersi la responsabilità di chiedere un aiuto specialistico, anche se ci fosse una resistenza assoluta da parte dell’adolescente”.