Sindrome di Alienazione Genitoriale. Che cos’è e perché negarla è sbagliato

Quando un genitore, dopo una separazione, denigrando l’altro lo allontana dal figlio. L’intervento dell’avvocato e psicologo Guglielmo Gullotta

La Sindrome di Alienazione Genitoriale è, secondo i giudici della Corte di Cassazione che la hanno così definita nella sentenza numero 26810/2011, il comportamento del genitore collocatario che strumentalizza il rifiuto del minore di vedere l’altro genitore, impedendone così le visite stabilite dal giudice. Tale alienazione è provocata, quindi, dal genitore definito “alienante”, attraverso l’uso, nei confronti del figlio, di espressioni denigratorie, di false accuse di trascuratezza, violenza o abuso, riferite all’altro genitore, definito “genitore alienato”.

Tra chi, recentemente, si è occupato del tema, vi è anche Guglielmo Gullotta, avvocato, docente universitario e psicologo. Il suo nome figura tra quello dei 130 intellettuali, accademici e professionisti esperti in materia psicoforense che hanno siglato un memorandum, indirizzato alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sul fenomeno del femminicidio e su ogni forma di violenza di genere, istituita nell’ottobre 2018, e che ha fatto discutere. Le finalità della Commissione, sono state chiarite dalla stessa presidente Valeria Valente all’agenzia di stampa DIRE il 3 agosto 2020, con le seguenti parole: “La Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio ha da tempo rivolto attenzione a come la violenza venga letta e riconosciuta nei tribunali, al fenomeno della PAS, e se e quante volte sia derubricata a conflitto nelle cause di separazione e di affido dei minori”.

“La Commissione – è scritto nel memorandum dei professionisti – come ha confermato la sua presidente, ha selezionato 572 fascicoli (un campione certamente non rappresentativo delle cause di separazione per i minori, che sono mediamente 60mila l’anno(…)), allo scopo di esaminare: ‘come viene percepita la violenza in tribunale’. Questa attività nasce sulla base anche di proteste di alcune madri che si sentono danneggiate dalle consulenze tecniche d’ufficio (CTU) esperite durante il loro processo di separazione per l’affidamento dei figli, anche a causa di una diagnosi chiamata ‘Sindrome di Alienazione Genitoriale’ (PAS) di cui si sarebbero rese responsabili per aver ostacolato l’incontro del figlio con l’altro genitore. Si paventa vibratamente da parte di alcune che ci sia un preconcetto anti-femminile da parte degli operatori forensi”.

Sono concetti, questi, che possono apparire controcorrente rispetto al mainstream del pensiero attualmente vigente. Ma gli errori di queste madri, secongo Gullotta, intervistato in merito dal quotidiano Il Dubbio, sono diversi. “ll primo – spiega – è ritenere che ci sia una violenza istituzionalizzata sulla base di un preconcetto anti-femminista. Guardiamo i numeri Istat aggiornati al 2017. Nei divorzi concessi dal tribunale, il numero dei casi di affidamento esclusivo alla madre è di 2583, mentre quello degli affidi esclusivi ai padri è 350. Ed è per questo che le madri sono spesso chiamate in causa, poiché è evidente che chi può ostacolare la bigenitorialità è l’affidatario e non l’altro. A ciò si aggiunga che la maggior parte degli psicologi, dei consulenti, degli assistenti sociali e dei giudici che lavorano in questo ambito sono donne. Non si capisce dunque quale potrebbe essere questo atteggiamento anti-femminista che comporterebbe un tale danno alle madri. Addirittura, questi gruppi di madri vogliono che sia abolita la legge sulla bigenitorialità, sull’affidamento condiviso. Questo è il motivo per cui queste madri vocianti non vogliono sentir parlare di Alienazione Parentale: perché per loro ostacolare il compito del padre di contribuire ad allevare i propri figli e dei figli di poter frequentare il padre è un diritto, una sorta cli legittima difesa: intendiamoci, di loro stesse non dei figli”.

Sindrome di Alienazione Genitoriale: cos’è e come approfondire

“Consiglio loro – ha proseguito Gullotta – di imparare a memoria, e ogni tanto recitare, la poesia di Khalil Gibran che dice tra l’altro: ‘i vostri figli non sono figli vostri, sono i figli e le figlie della brama che la vita ha di sé stessa. Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi. E sebbene stiano con voi, non vi appartengono. Potete dar loro tutto il vostro amore, ma non i vostri pensieri perché essi hanno i propri pensieri(…). Voi siete gli archi dei quali i vostri tigli, come frecce viventi, sono scoccati’. Dicono poi che questo fenomeno dell’alienazione parentale non esiste: tutti noi abbiamo certamente un amico/a separato o divorziato che dice ‘mio marito/mia moglie mi ha messo contro i figli e non me li fa vedere’. Ecco, questo fenomeno secondo loro non esisterebbe. Si suppone cioè che in un corso per diventare perito d’ufficio che duri, ad esempio, 100 ore di lezioni e 100 ore tra pratica e studio questi consulenti, psicologhe per lo più, si convincano che bisogna dare torto alla madre attribuendovi un comportamento ostacolante la bigenitorialità e influenzando il figlio contro il padre, essendo loro donne e magari madri? E che alla fine persuadano anche dei giudici, donne e probabilmente madri, le stesse che come si è visto, numericamente parlando, scelgono l’affidamento esclusivo alla madre piuttosto che al padre. Ma chi ci crede!”.

Per approfondire l’argomento è possibile contattare il CEFAM – Centro Europeo Formazione Accoglienza Minori allo 3400088431 oppure scrivendo all’indirizzo mail cefam@coopaibc.it per fissare un incontro.