In caso di separazione la casa rimane ai figli?

Buongiorno,

Questo periodo difficile per il Covid-19 ha messo a dura prova la mia famiglia e le difficoltà che avevamo già in precedenza si sono ripresentate con maggiore gravità in questi mesi. Abbiamo deciso di separarci e anche se all’inizio volevamo metterci d’accordo, con la mia compagna non riusciamo a decidere chi di noi due debba rimanere in casa con i nostri due figli e soprattutto chi sarà costretto a pagare un affitto e ad andarsene.

Noi non siamo sposati ma abbiamo sempre dato il massimo e lavoriamo tutti e due, perciò il tempo che passiamo con bambini è stato sempre più o meno il medesimo! Ora nessuno di noi due riesce ad accettare di doversene andare e soprattutto io non vorrei adottare questa soluzione perché la casa dove abbiamo abitato è di mia proprietà. Ci sono delle regole per trovare un accordo evitando di farci causa?

Grazie dell’aiuto.

Mario

Caro Mario, le separazioni sono sempre difficili e quando non ci sono squilibri particolari nei rapporti dei figli coi genitori forse le decisioni sono anche meno facili perché quando ci si separa, anche se di fatto, va comunque chiesto al Giudice di decidere sull’affidamento dei figli.

Con una legge del 2006 in Italia è stato introdotto l’affidamento condiviso (legge n. 54/2006) e di conseguenza il principio c.d. della bigenitorialità per garantire al figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori (tranne nei casi accertati in cui la frequentazione di un genitore sia contraria al loro interesse e allora si applicherà l’affidamento esclusivo). Oggi, quindi, a differenza che in passato non è più valida la regola affidare i figli a uno solo dei genitori, con diritto di visita all’altro, ma la normalità è quella di affidare i figli a entrambi.

Anche in questi casi, però, resta da decidere con chi fare andare a vivere i figli e, soprattutto, dove collocare la loro residenza. Anche se per anni la scelta più diffusa nei tribunali è stata quella di attribuire alla madre la casa familiare perché considerata più idonea all’educazione del figlio, con le modifiche della legge del 2006, il codice civile stabilisce che il godimento della casa familiare venga attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli (art. 155-quater). Con l’affidamento condiviso, infatti, si tende a tutelare il diritto dei bambini di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori e per far ciò la decisione dei giudici, che sia presa con il consenso o meno dei genitori, deve uniformarsi a questa necessità. Quindi nel decidere della residenza dei bambini si dovranno anche calcolare modalità e tempi per garantire che i figli stiano molto tempo anche con il genitore con cui non abitano.

E questi diritti spettano ai bambini anche nel caso di coppie non sposate e addirittura a prescindere dalla proprietà dell’immobile all’uno o all’altro genitore. Infatti, con una sentenza del 2005 (n. 394), la Corte Costituzionale, proprio a proposito del diritto del figlio di non lasciare la casa familiare nel caso in cui termina la convivenza di fatto fra i genitori, ha dichiarato che il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli e di garantire loro la permanenza nel medesimo ambiente in cui hanno vissuto con i genitori deve essere assolto tenendo che il diritto dei figli è garantito a livello costituzionale (art. 30 della Costituzione) con lo scopo di favorire il corretto sviluppo della personalità del minore. Quindi sia i figli legittimi, di genitori che abbiano ottenuto la separazione, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sia i figli naturali di coppie non sposate devono poter contare su un identico trattamento e vedersi garantiti gli stessi strumenti di tutela.

Per l’assegnazione della casa poi occorre fare attenzione perché sono state non poche le decisioni circa l’assegnazione della casa ai figli stessi con l’obbligo di entrambi i genitori di spostarsi alternandosi ed evitando che siano i figli a cambiare casa e abitudini nel corso della settimana; altre volte si è deciso per l’assegnazione della casa a un genitore e poi i figli si spostano in quel caso anche a casa dell’altro. In assenza di accordo, però, la decisione del giudice sarà presa necessariamente in base al caso concreto della vostra situazione, delle disponibilità economiche di ciascun genitore e anche del parere dei vostri figli che comunque hanno diritto di essere ascoltati dai 12 anni in su e anche prima in base alla loro maturità (la Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 2223/2009 ha chiarito l’esistenza del diritto dei bambini a che sia verificato il loro grado di maturità ai fini dell’ascolto, altrimenti ci sarebbe perfino il rischio della violazione del principio del contraddittorio e della nullità dell’intera procedura).

Questi concetti si sono via via rafforzati tanto che la Corte di Cassaione nel 2019 in diverse sentenze (ad es. 14 marzo 2019 n. 12018) ha chiarito che quello dei bambini di essere informati prima di prendere le decisioni che li riguardino e di esprimere la loro opinione è un diritto fondamentale e che i bambini devono considerarsi “parte” in senso sostanziale del procedimento in Tribunale, al punto che semmai un giudice decidesse di non procedere con l’ascolto di un bambino anche se di età inferiore ai 12 anni, dovrebbe comunque obblogatoriamente inserendo per iscritto nella motivazione della decisione il ragionamento che lo ha portato a ritenere l’ascolto superfluo o contrario al suo interesse.

Non abbiamo una sfera magica per sapere cosa verrebbe deciso nel vostro caso in mancanza di accordo, ma speriamo che queste informazioni siano utili a prendere una decisione che vada bene per tutti e, soprattutto, per i bambini.

Se vuole approfondire l’argomento, non esiti a contattarci al 3400088431 oppure richieda un appuntamento all’indirizzo mail cefam@coopaibc.it

Cooperativa Sociale AIBC – Ufficio Diritti