Doomscrolling: la tendenza a cercare brutte notizie on line

Proviamo a ridurre il tempo di esposizione sui social network

Anche voi fate parte della nutrita schiera di persone che trascorrono (spesso senza accorgersene) la maggior parte del loro tempo libero con gli occhi sullo schermo dello smartphone “scrollando” in su e in giù per conoscere le ultime notizie? Non avete la sensazione che il numero di quelle brutte superi di gran lunga il numero di quelle rilassanti, divertenti e rasserenanti?

Se da una parte è vero che alcuni media tendono a pubblicare informazioni sensazionalistiche, catastrofiche ed allarmanti cercando di aumentare l’audience, è pur vero anche, che molti lettori sembrano essere maggiormente attratti dalle “cattive notizie”. Il fenomeno, accentuato da questo periodo incerto, è stato descritto con il neologismo “doomscrolling”.

Cos’è il Doomscrolling?

Il Doomscrolling detto anche Doomsurfing si legge su wikipedia: “è l’atto di trascorrere una quantità eccessiva di tempo sullo schermo dedicato all’assorbimento di notizie negative. L’aumento del consumo di notizie prevalentemente negative può provocare, in alcuni soggetti, risposte psicofisiologiche dannose”.

 Se è vero che social, smartphone e complice anche il coronavirus hanno aumentato il tempo di permanenza nella Rete, sull’impatto emotivo delle “cattive notizie” aveva già indagato uno studio del 2011 pubblicato sul sito del “The British Psicological Society”. Il quale osservava l’effetto del contenuto dei notiziari televisivi sullo stato d’animo dei telespettatori e sulla “catastrofizzazione” delle preoccupazioni personali. Ebbene, dalla ricerca è emerso come i partecipanti all’indagine che abbiano guardato notizie a valenza negativa abbiano mostrato un incremento di ansia e tristezza oltre alla tendenza a catastrofizzare le preoccupazioni personali.

Social o Tv ma perché accade?

Negli ultimi mesi – spiega il web magazine ‘La mente è meravigliosa’ – queste pubblicazioni proliferano in modo sorprendente. Vi siamo più esposti e, in generale, il cervello propende maggiormente per la ricerca del ‘negativo’ piuttosto che del “positivoIn un contesto come quello attuale, vogliamo tenerci informati e, in generale, l’esposizione ai social network è maggiore. Abbiamo più tempo e siamo più preoccupati. L’incertezza pesa e vogliamo sapere cosa succede nel mondo quasi ogni secondo. La mente si trova in un perenne stato di allerta e sovraeccitazione e questo questo ci rende dipendenti dalle brutte notizie”.

Cosa fare?

A fornirci un consiglio è sempre il web magazine:

ridurre il tempo che trascorriamo sui social network. Una considerazione che sembra così evidente è, in realtà, più difficile da attuare di quanto pensiamo. L’aderenza psicologica a queste tecnologie è così elevata che non ne siamo coscienti. Abbiamo bisogno di realizzare un esercizio di riflessione in merito e di iniziare a ridurre il tempo di esposizione. Bisogna evitare che i social network ci rubino il nostro tempo, ma anche la nostra salute mentale”.