Droga, adolescenti e adulti: dall’inferno si può tornare indietro

Consigli per la lettura: “Alice e le regole del bosco” di Simone Feder

La droga, gli adolescenti, gli adulti. Un triangolo spesso esplosivo. Il tema della droga tocca tutti noi, chi più chi meno, con il suo drammatico risvolto di fragilità umana alla quale sempre più i nostri giovani sono soggetti. Ma liquidare il tema con delle frasi fatte è veramente riduttivo. Perché, dietro a ogni storia, c’è un vissuto reale, fatto di sofferenze, incomprensioni. Difficoltà. Eppure, come in ogni situazione, dalle difficoltà, dagli inferi della vita si può tornare indietro.

Un concetto che sarebbe bene spiegare a certe persone. Sì, perché, nel mondo che gira attorno a un adolescente tossicodipendente, di adulti se ne trovano di tre differenti tipologie. Vi sono gli adulti buoni, quelli cattivi e quelli indifferenti. Mi fanno paura di più questi ultimi, perché nel mondo, in ogni situazione, sono la maggioranza, e sono determinanti nel far pendere l’ago della bilancia verso il bene o verso il male.

Gli adulti buoni li riconosciamo subito: sono i volontari e i professionisti che con discrezione e perseveranza sono presenti per chiunque trovi il coraggio di chiedere un aiuto, fosse un succo di frutta, una coperta o un’informazione su come poter entrare in comunità di recupero. Annovero fra questi adulti buoni anche quei genitori che, nonostante mille possibili errori, tengono sempre la porta aperta. Come genitori dobbiamo prendere consapevolezza che, anche se abbiamo mille intenzioni positive, amiamo all’inverosimile i nostri figli, ad un certo punto non siamo più sufficienti per il loro bene. Siamo comunque fondamentali ed essenziali, per questo dobbiamo tenere sempre le braccia spalancate e una dolcezza accogliente, anche se sofferente, nei confronti dei nostri amati figli.

Poi ci sono gli adulti cattivi: sono gli spacciatori violenti, approfittatori di tutti i generi, come chi compra gli oggetti rubati dai ragazzi che necessitano di soldi o come quelle bestie che, in cambio di pochi euro, abusano di ragazzine già dipendenti dalla sostanza. Qui il giudizio morale viene facile e scontato.

Infine c’è l’altra categoria, quelli che stanno nel mezzo, quelli ai quali un certo don Tonino Bello, il fu arcivescovo di Molfetta, scriveva per Natale degli auguri scomodi (“…il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio…”). Non mi dilungherò nella descrizione se non riassumendola così: sono quelle persone che vivono con la filosofia del io vengo prima degli altri. “I tossicodipendenti sono un problema da eliminare, rovinano il quartiere, abbassano il valore delle nostre case, comprate con tanti sacrifici … mi minacciano, mi fanno paura!” Come dar loro torto! Ma questo è ciò che si vede da fuori. Allora mi permetto un invito a entrare “dentro”.

“Dentro” dove? Nella storia di “Alice e le regole del bosco”, libro scritto da Simone Feder, responsabile dell’area “Giovani e dipendenze” della Casa del Giovane di Pavia, che ci racconta attraverso la storia di Alice, come, per l’appunto, dagli inferi si possa tornare indietro. Gli antichi greci solevano ricordare che chi entra nel mondo dei morti non ha scampo. Lo stesso Dante ce lo ricorderà in uno dei passi più celebri della Divina Commedia: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate!”.

Alice è una giovane ragazza, non ancora maggiorenne, che si ritrova catapultata dentro il mondo della droga ed, in particolare, a quel luogo conosciuto come il boschetto di Rogoredo. Nonostante venga da una famiglia normale e abbia a scuola chi può offrirle amicizia e sostegno, la sua condizione di fragilità la porta a frequentare un giovane ragazzo poco più grande di lei, già tossicodipendente. Quest’ultimo ne diviene maestro di esperienze, purtroppo negative, trascinandola con ingannevole sentimento ad esperienze sempre più autolesioniste.

Simone Feder è bravo ad accompagnarci gradualmente e sapientemente all’interno del boschetto di Rogoredo e a tutto ciò che questo significa. L’autore compie un’operazione paragonabile ad un vero e proprio Virgilio; come un cicerone, ci fa conoscere passo dopo passo l’esperienza che tanti nostri ragazzi hanno vissuto, stanno vivendo o che vivranno. Lo scorrere dei capitoli è un continuo sprofondare nell’abisso dell’animo umano. La droga, e in questo caso particolare l’eroina, è in grado di farti toccare il paradiso, almeno per qualche istante. La permanenza in questo stato, paragonato da alcuni ragazzi ad un piacere pari a dieci volte quello di un orgasmo, ha un lasso di tempo che si riduce sempre di più, man mano che il proprio corpo si abitua. Si conosce cosa significa l’astinenza e si vive in funzione di un ritorno “in paradiso”.

Bastarda di una droga! Alice lo sa e ce lo spiega: “questa volta è l’ultima”, “domani smetto”, “io mi so controllare”. E’ l’incontro con il dolore dell’altro e con il tema della morte che può mettere una pulce nell’orecchio del tossicodipendente che ha delle risorse interiori: “ma cosa sto facendo?”, “non ce la faccio, devo chiedere aiuto!”.

Alice è la protagonista di questo bel libro che si legge tutto d’un fiato, con empatia e con il desiderio costante di girare pagina per scoprire se ha fatto almeno un passo in avanti verso la sua salvezza. Sullo sfondo, il mondo degli adulti, diviso esattamente nelle tre categorie menzionate in precedenza, come una nota talvolta gradevole, talvolta stonata, che accompagna la protagonista nelle sue vicende. Il libro deve essere letto da tutti: genitori ed educatori soprattutto, affinché prendano posizione dalla parte giusta. La stessa di un’amica e di un’insegnante che Alice incontrerà a scuola e che l’aiuteranno attraverso la continua accoglienza, nonostante le ricadute e i tradimenti.

Nel libro incontrerete, poi, genitori che hanno perso i figli e che li cercano nei modi più drammatici, così come troverete genitori che non si accorgono di cosa stanno vivendo. Forse verrà un po’ di rabbia, immedesimandosi e chiedendosi come sia possibile questa cecità nei confronti di un figlio che torna a casa in condizioni vistosamente alterate. In compagnia di Alice in questo viaggio quasi “dantesco”, riuscirete però a diventare più attenti a riconoscere le emozioni dei vostri figli, a venire loro incontro nei momenti di difficoltà. Senza giudicare, ma con la voglia di risolvere i problemi e uscirne più forti. E, se necessario, imparerete a chiedere aiuto, quando capirete che da soli non sarete più sufficienti.

Alice, insomma, ci porta all’inferno del boschetto di Rogoredo. Ma, insieme a lei, possiamo uscirne migliori.

Diego Moretti, pedagogista di AIBC cooperativa sociale, è responsabile d’area per i servizi di sostegno alla famiglia offerti dal CEFAM – Centro Europeo Formazione Accoglienza Minori