Oltre il buio: la diffusione del suicidio tra i giovani. Il convegno per comprenderne le cause

La seconda causa di morte per i giovani tra i 15 e i 29 anni, dopo gli incidenti stradali, è il suicidio. Un convegno a Pavia ha affrontato questo drammatico fenomeno sempre più diffuso

Il suicidio è il drammatico fenomeno che si sta diffondendo in maniera allarmante nella generazione under 20, sempre più esposta all’epidemia delle solitudini e ai traumi relazionali, e spesso la con

Il convegno “Oltre il buio”

Su questo tema, a novembre, si è tenuto il convegno Oltre il buio, organizzato dalla Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza della Fondazione Mondino di Pavia, che ha riunito esperti di varie discipline per analizzare e prevenire i comportamenti suicidari dei giovani.

I dati e le cause

I dati sono allarmanti: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i suicidi sono la seconda causa di morte per i giovani tra i 15 e i 29 anni, dopo gli incidenti stradali. In Italia, il sistema di assistenza è carente: ci sono solo 403 posti letto per i ricoveri in Neuropsichiatria infantile, e cinque Regioni ne sono prive. Le richieste di aiuto sono aumentate negli ultimi anni, spesso associate a comportamenti autolesivi o tentativi suicidari.
La pandemia da Covid-19 ha aggravato la situazione, ma non è stata l’unica responsabile. Come ha spiegato lo psichiatra Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio presso l’ospedale Sant’Andrea di Roma, il suicidio è la punta di un iceberg che è la sofferenza giovanile, presente già prima della crisi sanitaria.
Tra i fattori di rischio, ci sono il decadimento della performance scolastica, l’isolamento sociale, l’uso di sostanze, il cyberbullismo, ma anche il neurosviluppo, che rende i giovani più vulnerabili alle situazioni di stress.

Come intervenire

Per prevenire il suicidio, occorre cogliere i segnali di allarme e offrire un sostegno adeguato ai giovani in difficoltà. La parola è la migliore cura, come ha sottolineato Renato Borgatti, direttore della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza della Fondazione Mondino e docente all’Università di Pavia. Una parola che si fa discorso competente, umano e compassionevole, per entrare in relazione con la sofferenza mentale dei giovani e vincere il tabù della morte.
L’obiettivo è quello di ricreare una fiducia epistemica, ovvero la capacità di imparare dagli altri, che spesso viene persa a causa di traumi relazionali vissuti nell’infanzia. Come ha illustrato Mario Speranza, docente di Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza all’Università di Parigi-Versailles, questi traumi generano una profonda sfiducia nell’ambiente esterno e una chiusura della porta relazionale. È fondamentale che il terapeuta possa incarnare l’umanizzazione, il calore e la compassione che i giovani non hanno potuto sperimentare.

L’effetto Giovane Werther

Inoltre, occorre interagire con i media per una modalità responsabile di riportare le notizie di suicidio, evitando di enfatizzare o romantizzare i casi, che possono innescare l’effetto Werther, ovvero l’imitazione. Al contrario, occorre promuovere l’effetto Papageno, che mostra la possibilità di aiuto e di superamento dei problemi, come fa il personaggio del Flauto magico di Mozart.

Altri interventi

Infine, occorre limitare l’accesso ai metodi letali, sostenere le abilità socio-emotive in adolescenza e identificare precocemente, prendere in carico e curare chi presenta comportamenti suicidari. Come ha concluso Maurizio Pompili, molte persone che pensano a morire vorrebbero vivere, ma il dolore mentale li fa credere di essere in una situazione senza via d’uscita. Se la sofferenza è gestita anche con l’aiuto di un altro, si sente alleggerito dalla sofferenza e sceglie di vivere. Una possibilità di aiuto che coinvolge tutti: genitori, educatori, coetanei, professionisti della salute.

[Fonte: “Avvenire”]