Alla scoperta di Gesù . Ma chi è veramente Lui per me?

Nella XXIV Domenica del Tempo Ordinario la riflessione del teologo Don Chiodi prende spunto Prima Lettura Dal libro del profeta Isaìa Is 50,5-9a, Seconda Lettura Dalla lettera di san Giacomo apostolo Gc 2,14-18 e Vangelo Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,27-35.

Siamo giunti a quello che è uno dei momenti culminanti – che rimanda alla croce di Gesù! – del Vangelo di Marco. Tutto ruota, oggi, intorno alla domanda che Gesù pone, per ben due volte, ai discepoli, interrogandoli prima su quello che la gente dice che egli sia e poi su quello che loro dicono di lui: «Ma voi, chi dite che io sia?».

È la questione, radicale, dell’identità di Gesù: chi è Gesù?  È una domanda fondamentale anche per noi. Se siamo cristiani, o no, dipende dalla risposta che diamo a questa domanda.

In modo molto opportuno, e saggio, Gesù distingue quello che pensa «la gente», cioè gli altri, e «voi», rivolgendosi appunto ai discepoli.

Anche oggi, «la gente» non dà la stessa risposta dei discepoli, dei cristiani. Viviamo oggi in un tempo nel quale non è più è più di tutti, non è più scontato, essere cristiani. Chissà, magari, nelle nostre stesse famiglie ci sono scelte molto differenti: c’è chi è credente, ma non è praticante, e c’è anche chi non è (più, se lo è stato) credente, e c’è invece chi condivide la fede in Gesù, con noi.

Non molto tempo fa, in Italia, tutti dicevano di essere cristiani, più o meno. Oggi non è più così! Siamo in una situazione, oramai, non molto diversa da quella dei tempi di Gesù.  “Molti – rispondono i discepoli a Gesù stesso – dicono che tu sei «Giovanni il Battista» o «Elìa, o «uno dei profeti»”. Dunque, anche allora, Gesù veniva considerato con stima, come uno dei tanti profeti, un uomo che parlava a nome di Dio, perché diceva la verità o che compiva, per dono di Dio, anche dei miracoli, a volte strepitosi.

Anche oggi molti continuano a pensare che Gesù sia un grande dell’umanità, uno di quei personaggi della storia dei quali non si può che dire bene. Ma tutto si ferma qui.  La domanda, radicale e personale, per ciascuno di noi, è un’altra: «Ma voi, chi dite che io sia?». «Voi» da una parte e ‘io’ dall’altra.

Qui Gesù non ci chiede chi siamo noi, ma chiede a noi chi è Lui. Non importa tanto ‘chi sono io’: questa è una domanda che spesso oggi noi facciamo a noi stessi, con eccessiva preoccupazione. La questione fondamentale è Gesù, chi è Lui. Solo in rapporto a questa domanda, noi decidiamo chi vogliamo essere noi stessi. È la relazione con Lui che è fondamentale per dire chi sono io!  La risposta di Pietro alla domanda di Gesù è bellissima.  Anzitutto è significativo che sia Pietro a rispondere per tutti. Pietro è come il ‘garante’ della fede comune, quello che parla a nome di tutti, quello che confessa la fede di ciascuno.

Questo, naturalmente, ci fa pensare al successore di Pietro, il Pietro di oggi, papa Francesco. In questo tempo egli è oggetto di attacchi, a volte furiosi, scomposti, gravissimi. Noi, oggi, come cattolici, vogliamo dire che ‘siamo con Pietro’, perché essere con Pietro significa essere con Gesù. Sapete, è il nostro vescovo che ha chiesto a noi preti, esplicitamente, mercoledì scorso, di non perdere occasione per dire che siamo affettuosamente vicini a papa Francesco. Lo siamo tutti, perché cattolici, perché Pietro parla a nome di tutti noi, che ci sia simpatico o no, che possiamo essere o no d’accordo su alcune cose – quando non sono decisive per la fede! – che dice.

Noi siamo con Pietro, noi siamo con Francesco! «Tu sei il Cristo», dice Pietro nel Vangelo. E Gesù, subito dopo, ordina «severamente» ai suoi discepoli «di non parlare di lui ad alcuno».

In effetti, come la scorsa domenica, anche oggi l’evangelista sottolinea come Gesù chieda con forza di non parlare di Lui … non certo perché Gesù chieda a noi, discepoli, di non parlare di Lui, perché ci vergogniamo o perché la fede dovrebbe essere una ‘cosa’ talmente intima o ineffabile che ciascuno se la deve tenere per sé e basta.

Niente di più falso! Gesù ordina «severamente» ai discepoli «di non parlare di lui» perché non è ancora giunto il momento pieno della sua rivelazione, che sarà la croce, e allora è sicuro che essi ancora non lo conoscono fino in fondo.  Ci sarà un tempo in cui ai discepoli sarà chiesto di parlare di Gesù, ma non è questo. Anche questo è interessante: ci sono cose che, certe volte, vanno taciute e invece, altre volte, vanno proclamate sui tetti. È chiesto alla sapienza della nostra fede sapere “discernere” quando tacere e quando parlare. Infatti, subito dopo aver proibito ai suoi di parlare di sé, pe la prima volta, è Gesù stesso che parla di sé descrivendo, annunciando quello che lo attende.

Da persona straordinariamente intelligente e profonda, Gesù ha compreso e, con grande franchezza, dice ai suoi quello che lo aspetta: una dura sofferenza, il rifiuto degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, fino a essere ucciso, per poi «risorgere».

Gesù dice che tutto questo ‘deve’ accadere: fa parte della storia in cui Dio si è implicato. Entrando nella nostra storia ha incontrato il rifiuto, la negazione, il peccato, e l’ha portato sulle sue spalle, fino a morire, per amore, per grazia! Pietro stavolta, non può accettare questo discorso.  Pietro vuole bene a Gesù. Gli sembra impossibile che a Gesù, che è così grande, possa accadere una cosa del genere.

Allora, il ‘povero’ Pietro prende Gesù «in disparte» e si mette «a rimproverarlo». È spinto dall’amore per Gesù a volere salvarlo lui il Signore! Siamo così anche noi, a volte, quando ci mettiamo a ‘criticare’ il Signore, perché dal nostro piccolissimo e ristretto punto di vista, ci sembra che il Signore non faccia le cose bene e sia troppo ‘passivo’ di fronte al male del mondo!! Gesù risponde a Pietro in modo durissimo e fa questo ‘pubblicamente’.  Non ha paura, Lui. Non fa le cose di nascosto, di soppiatto. Ammonisce Pietro severamente e, diciamo, mette ogni cosa al suo posto: «Va’ dietro a me, Satana!»

Lo chiama «satana» che, letteralmente, significa l’accusatore, nella pubblica accusa del tribunale.

Infatti, Pietro crede di difendere Gesù, ma in questo modo, anche lui finisce per mettersi dalla parte di chi ‘accusa‘ Gesù, perché non lo capisce, perché non accetta questo Dio che si rivela in modo così sorprendente, perfino scandaloso, come il Dio della croce, per amore!  Gesù dice a Pietro di mettersi «dietro». Gli dice che è Lui, Gesù, che va avanti.  Per questo a Pietro non resta, se vuole, che stargli dietro.

È Gesù il Maestro! Non sono i discepoli. Abbiamo tutto da imparare da Lui, non viceversa! Così è anche, e anzitutto, per Pietro. In questo modo Gesù compie quanto è stato detto da tutti i profeti, come ricorda la prima lettura. Lui è l’annunciato, da parte di coloro che hanno parlato in nome di Dio, i profeti!

Poi, convocando tutta la folla che lo seguiva – questo grande popolo che cammina dietro a Gesù, immagine bella della Chiesa – Gesù dice delle bellissime parole, che meriterebbero un lungo commento.

Nella prima, Gesù dice che se qualcuno vuole essere suo discepolo deve solo seguirlo, mettersi dietro a Lui, rinnegando la propria tentazione a stare davanti a Lui.  Gesù non ci chiede certo di disprezzarci, Lui che ci ama fino a morire per amore.  «Rinneghi se stesso» significa rinneghi la propria pretesa di essere lui il Signore, il Maestro. Per questo, ed è la seconda parola, Gesù ci dice che solo chi è disposto a ‘perdere’ «la propria vita», per Lui, «la salverà», la ritroverà, piena, bella.

Questo dedicare la nostra vita a Gesù è la fede.

E la fede, come ci ricorda Giacomo, nella seconda lettura, prende carne solo nelle opere, le opere con le quali noi ci affidiamo a Lui che ci salva.  

 

 

 

don Maurizio