Il PNRR prevede circa 264mila nuovi posti nella fascia 0-6 anni ma servirebbero altri 42mila educatori professionali in più!
Sembra una strana affermazione, quasi una “fake news”, in un Paese dove siamo abituati ad un’offerta di “forza lavoro” sempre nettamente superiore alla domanda, eppure in Italia mancano gli educatori.
Già la Regione Lombardia, forse anche per sopperire alla mancanza di operatori socio educativi, il 31 maggio scorso aveva approvato all’unanimità una delibera contenente indicazioni, in ordine ai titoli che gli operatori socio educativi nei servizi educativi debbano possedere per poter lavorare nella prima infanzia (0-3 anni) e nelle unità d’offerta sociale per minori e persone con disabilità. QUI
Asili nido. Si è concluso il 31 maggio il terzo avviso legato al Pnrr
Sempre il 31 maggio, ricorda VITA si è concluso il terzo avviso legato al Pnrr, per la realizzazione di nuovi asili nido e per avere (finalmente) più posti per i bambini, ma il problema anche qui permane: mancano gli educatori.
Emmanuele Pavolini, ordinario di sociologia economica all’Università di Macerata e Anna Mori, ricercatrice di Sociologia Economica all’ Università degli Studi di Milano in un’intervista rilasciata sul web magazine VITA lanciano l’allarme.
“Il PNRR – sottolineano Pavolini e Mori – prevede circa 264mila nuovi posti per aumentare l’offerta di servizi educativi nella fascia 0-6 anni. Come educAzioni e Alleanza per l’Infanzia abbiamo calcolato già più di un anno fa che per sostenere un aumento di posti quale quello indicato dal PNRR servono almeno altri 42mila educatori professionali per i nidi”
Alla domanda di VITA se la questione si stia affrontando, gli esperti rispondo:
A nostro parere per ora si inizia ad avere contezza del problema, ma non si stanno ancora impostando soluzioni. Come appena indicato, molti Comuni italiani e il mondo del terzo settore, in particolare la cooperazione, stanno segnalando con forza il problema. Occorre creare un tavolo stabile che veda coinvolti il Ministero dell’Istruzione, le Regioni, i Comuni, il terzo settore che gestisce una parte consistente di tali servizi educativi, e le Università (in particolare i Dipartimenti di Scienze della Formazione) che sono gli attori preposti a formare le nuove leve di educatori ed educatrici. Comunque, il contesto dei processi formativi sia per l’ingresso nel mondo del lavoro (oggi ancora diversificati nello 0-3 rispetto al 3-6) che durante il percorso lavorativo rimane un tema da approfondire se si ritiene di dare corso ad un effettivo sistema integrato”.
Ma quali sono le cause della diminuzione di interesse per questo lavoro?
Secondo Mori e Pavolini, le ragioni sono duplici. Una prima legata all’aumento opportuno, ma esponenziale del tasso di copertura dei nidi, che comporta un aumento significativo del numero di educatori richiesti ed un secondo legato alle condizioni di lavoro: “Pur applicando il codice dei contratti – spiegano– le condizioni contrattuali non sono sempre omogenee nel nostro Paese. Di questa situazione finiscono per essere vittime anche quelle cooperative sociali che si trovano a partecipare a gare di appalto in cui il criterio dell’economicità tende a prevalere su quello della qualità. È auspicabile che la sfida del PNRR sia accompagnata da una riforma complessiva dei sistemi di gestione dei servizi educativi a seguito della quale pubblico e privato possano collaborare in maniera proficua, nel rispetto dei diritti dell’infanzia, ma anche dei genitori e del mondo del lavoro”.
Per leggere l’intervista completa su VITA QUI