“Sono gli enti locali attraverso i servizi sociali a scegliere le comunità a cui destinare i minori. Quando i minori vengono spostati e i Servizi sociali non comunicano le variazioni, per le procure minori dei Tribunali è impossibile rintracciare le destinazioni”.
La dottoressa Carla Garlatti ha preso da pochi giorni possesso del suo ruolo come Autorità Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza e già sono molte le importanti questioni che si trova a dover affrontare, aggravate dall’emergenza sanitaria in corso. Il momento è delicato:
“Molti reati giovanili, per esempio il cyberbullismo, sono stati amplificati dai vari lockdown – racconta la dottoressa Garlatti in un’intervista ad Avvenire – Purtroppo, come dimostrano le statistiche, sono aumentate anche le violenze domestiche. In particolare quella assistita. Dobbiamo raddoppiare le attenzioni per stare vicino ai più giovani”.
Ed è proprio l’ambiente domestico dove spesso purtroppo si reiterano comportamenti inadeguati per la crescita equilibrata di un minore fino ad arrivare a situazioni di abusi e maltrattamenti.
Sostegno alle famiglie
Prevedere un adeguato sostegno alle famiglie è di certo fondamentale, affinché possano maturare “competenze educative, affettive ed emotive così da prevenire la necessità di ricorrere agli allontanamenti” obiettivo, che, come sottolinea Avvenire, è indicato anche nell’ultima Relazione al Parlamento dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza.
La dottoressa Garlatti concorda su tale necessità, anche se ci tiene a precisare: “l’Italia è il Paese europeo dove i minori vengono meno allontanati dalle famiglie per interventi dell’autorità giudiziaria. Germania, Francia e Gran Bretagna hanno percentuali più elevate delle nostre”.
E mette in guardia: “meno allontanamenti potrebbe anche voler dire meno controlli. Giusto preoccuparsi di evitare gli allontanamenti, ma se in una famiglia non esistono le condizioni per cui un minore possa vivere e crescere in modo sereno, il mancato allontanamento diventa un atto pregiudizievole per il minore. Allontanare un minore è sicuramente un intervento doloroso, non allontanarlo in certe condizioni può diventare un male peggiore”.
Una banca dati per i minori fuori famiglia
Il quotidiano poi tocca l’importante questione della mancanza in Italia di una banca dati che monitorizzi i minori fuori famiglia. Secondo i dati di un monitoraggio realizzato dal ministero della Giustizia presso tutti gli uffici giudiziari minorili a seguito del caso Bibbiano, è emerso infatti come: tra il gennaio 2018 e il giugno 2019 siano stati allontanati dalle proprie famiglie di origine ben 12.338 minori, pari allo 0,13% dei minori del nostro Paese. Nello stesso periodo 1.540 bambini e ragazzi ( il 12%) di quelli allontanati, hanno fatto rientro presso le proprie famiglie d’origine, mentre del restante 88% (quasi 9 su 10) “non è dato sapere con certezza la destinazione”.
Una necessità davvero urgente commenta la dottoressa Garlatti, che non sembra però più di tanto stupirsi dei dati: “I tribunali non scelgono le comunità a cui destinare i minori, questo è un compito riservato agli enti locali attraverso i servizi sociali. Quando i minori vengono spostati e i Servizi sociali non comunicano le variazioni, per le procure minori è impossibile rintracciare le destinazioni. Anche perché il procedimento a un certo punto si chiude. Quindi è fondamentale una Banca dati che svolga un monitoraggio costante”.
Affido
E in tema di Affido l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza sottolinea: “è un buon istituto ma spesso i servizi sociali lamentano la mancanza di famiglie disponibili e, d’altra parte, nella mia esperienza, ho spesso raccolto gli appelli delle associazioni delle famiglie affidatarie che chiedevano di essere maggiormente coinvolte.
E sulla scelta di indirizzare i minori verso comunità di accoglienza piuttosto che verso famiglie affidatarie la dottoressa Garlatti commenta: “Formare le famiglie affidatarie, seguirle, stare loro vicino è certamente più impegnativo per gli enti locali rispetto alla soluzione della struttura d’accoglienza. Spesso è solo una questione di risorse – molto spesso carenti – e di formazione delle persone incaricate di svolgere questi servizi. Non se ne parla abbastanza, ma la formazione è fondamentale”.
Immagine: sito internet Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza