1° aprile: la pillola che uccide non è uno scherzo

pillola_aborto_ru4861I cattolici rifiutino le leggi che consentono l’aborto”. L’invito all’obiezione di coscienza giunge da Papa Benedetto XVI nel corso della messa crismale che apre le celebrazioni pasquali proprio nel giorno in cui inizia la commercializzazione della pillola abortiva RU486 in Italia. La “lotta dei cristiani”, ha detto il pontefice, consiste nel fatto che essi “rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia”. “Anche oggi – ha ribadito il papa – è importante per i cristiani non accettare un’ingiustizia che viene elevata a diritto – per esempio quando si tratta dell’uccisione di bambini innocenti non ancora nati”.

Dal primo aprile quindi la pillola abortiva Ru486 può essere distribuita in Italia e richiesta dalle farmacie ospedaliere, tuttavia le Regioni possono frenare l’utilizzo della RU486. Un segnale forte in tal senso giunge dal neo-eletto presidente del Piemonte, Roberto Cota, il quale ha dichiarato che le confezioni arrivate nella sua regione potrebbero restare nei magazzini. “Sono per la difesa della vita – ha detto Cota – e penso che la pillola abortiva debba essere somministrata quanto meno in regime di ricovero”. Anche Luca Zaia, neo governatore del Veneto, dice no alla pillola abortiva.

E’ reale la possibilità che i presidenti delle regioni possano rallentare l’arrivo della Ru486 negli ospedali. A spiegarlo è il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella: “Tecnicamente i presidenti delle regioni potrebbero rallentare o anche impedire che il farmaco arrivi negli ospedali non facendolo introdurre nel prontuario regionale”. La Ru486 “ha completato tutto l’iter legislativo – precisa Roccella – una volta che l’AIFA (Agenzia per il Farmaco)ha stabilito il prezzo e autorizzato la messa in commercio secondo il prontuario nazionale. A livello regionale invece l’arrivo della pillola può essere rallentato o bloccato sotto un profilo tecnico-economico.” La Ru486 può “in teoria non essere inserita nel prontuario regionale – conclude il sottosegretario – sulla base di considerazioni circa il prezzo e la rimborsabilità.”

Altro nodo da sciogliere è quello del ricovero. Appena dopo l’approvazione dell’utilizzo del farmaco in Italia da parte di Aifa, nel dicembre scorso, il governo aveva chiesto che le donne restassero in ospedale dalla somministrazione della Ru486 fino all’espulsione dell’embrione, che dovrebbe avvenire in circa tre giorni. Una modalità che presenta problemi di carattere pratico, perché nessun paziente può essere obbligato ad un ricovero contro la propria volontà, ed anche economico, perché i costi dell’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola triplicherebbero rispetto a quelli dell’aborto chirurgico.

Il dibattito è quindi aperto nelle Regioni e anche nei singoli ospedali, soprattutto i policlinici, dove vengono fatti molti aborti ogni anno.

Aldilà delle questioni legate alla somministrazione della RU486, rimane una questione di fondo: l’uso della pillola conferma che l’aborto è la più grave forma di abbandono. I movimenti femministi negano che prima della nascita possa parlarsi di “bambino” e conseguentemente affermano la proprietà totale della madre sul suo corpo. Da questa prospettiva il figlio comincia ad esistere soltanto dopo la nascita. Eppure oggi serve il coraggio di guardare in modo differente all’interruzione volontaria di gravidanza, affermando il diritto di chi è stato concepito. Se una madre decide di mettere al mondo il proprio figlio, infatti, può dargli la possibilità di essere amato da una famiglia attraverso l’adozione. L’aborto invece è la negazione della vita stessa.

Ogni essere umano ha il diritto di vivere, di nascere e di essere accolto.

Chi mai potrà accogliere una vita che è stata abbandonata con l’aborto?