Colombia. Non ancora nati e già adottabili: così 5mila bambini vivono nell’attesa di una famiglia

colombia-pisingo“Perché sei qua?” “Non lo so. So soltanto che sono solo un numero in più nelle liste del Bienestar Familiar”. A parlare è una ragazzina di 14 anni, di cui 13 passati in uno degli istituti dell’Icbf, l’organo statale colombiano che si occupa dei minori in situazioni di difficoltà, nonché Autorità Centrale per le adozioni internazionali. La sua è una delle tante testimonianze raccolte nell’arco di una settimana da Vicky Dàvila, una giornalista dell’emittente televisiva Rcn Noticias, che ha realizzato un servizio proprio sul tema dei bambini costretti a vivere in istituto, nell’attesa di una famiglia adottiva che li accolga. Sono “Los hijos del Estado” – questo il titolo del reportage -, i “figli dello Stato”. L’Icbf non ha neppure chiaro il loro numero effettivo. Ciò che è certo è che, in Colombia, ogni anno, 5mila bambini, prima ancora di nascere, sono già virtualmente nelle liste d’attesa del Bienestar Familiar come potenziali minori adottabili, destinati a finire in istituto appena venuti al mondo.

Lo Stato si prende cura di loro, riesce a garantire un letto, il cibo, l’istruzione, il diritto al gioco. Ma non può offrire ciò di cui ogni bambino ha bisogno prima di ogni altra cosa: l’amore di una famiglia. Questa mancanza, questo vuoto, emerge da tutte le risposte che Vicky Dàvila ottiene dai piccoli ospiti degli istituti in cui registra il suo reportage. Non è lo Stato, infatti, il “luogo” in cui questi bambini dovrebbero crescere. Il problema è che per molti di loro, quella che dovrebbe essere una residenza provvisoria, l’istituto, finisce per diventare una sistemazione definitiva fino ai 18 anni.

E ciò soprattutto a causa di un presunto diritto degli aspiranti genitori adottivi ad avere il figlio “perfetto”. Da quanto emerge dalle testimonianze raccolte da Vicky Dàvila – che oltre alle voci dei bambini sente anche quelle degli operatori degli istituti – le coppie colombiane vorrebbero quasi esclusivamente figli “piccoli, sani e bianchi di pelle”. Se hanno fratelli o sono affetti da qualche patologia, la probabilità di essere adottati si riduce notevolmente. E questo fenomeno riguarderebbe in particolare l’adozione nazionale. La situazione migliorerebbe, invece, per l’adozione internazionale. “Ogni giorno – si dice nel servizio della giornalista – arrivano in Colombia famiglie straniere che chiedono di adottare bambini colombiani con qualche patologia”. Una mamma nordamericana racconta la sua esperienza di accoglienza di un bambino sordo e autistico: “Ci sono tanti medici nel nostro Paese – dice – pronti a curarlo”. Anche i gruppi di fratelli, se per alcuni sono un ostacolo, per altri diventano quasi una vera “benedizione”. È il caso di una mamma francese: “Siamo venuti in Colombia – racconta – perché sappiamo che questo Paese ha gli stessi valori del nostro: la famiglia e la religione su tutti. Così, abbiamo deciso di accogliere 3 fratellini, di cui la più piccola ha già 4 anni. Non è un caso infatti che proprio in Colombia nel 2014 si sia registrata una lieve risalita dell’adozione internazionale, dopo anni di crisi che aveva portato a un crollo dei minori accolti da famiglie straniere.

“Mentre i nostri figli sognano le principesse e i supereroi – spiega Vicky Dàvila –, i bambini dell’Icbf sognano solo una cosa: trovare una famiglia. Dopo che alcuni adulti hanno stravolto la loro vita, abbandonandoli o sottoponendoli a violenza e sfruttamento, altri adulti – tribunali, parlamento, governo – decidono la loro sorte. Nel frattempo, i bambini che popolano gli istituti dell’Icbf prendono progressivamente coscienza del loro stato e, soprattutto dopo gli 8 anni, arrivano alla consapevolezza di avere assoluto bisogno di una famiglia adottiva. Ovvero di altri adulti che – senza guardare alla loro età, al loro colore della pelle e alla loro cartella clinica – li facciano sentire di nuovo figli.

 

Fonte: Rcn Noticias