Russia. “In tutti questi mesi ho torturato al telefono Francesca, ma senza la vostra vicinanza sarebbe stato tutto più difficile”

restelliTimori, ansie e mille dubbi: la strada che ogni coppia attraversa per trasformare il desiderio di accogliere un figlio nella realizzazione del progetto adottivo è sempre piena di ostacoli e fatiche.

Cristina ed Heros Restelli lo sanno bene. Ma a un mese dall’arrivo del loro bambino, lanciano un appello a chi tentenna. E soprattutto ringraziano coloro che li hanno seguiti in ogni fase del percorso. In una lettera scritta a caldo i due coniugi sottolineano l’importanza di essersi sentiti sempre compresi e accolti qui in Italia e poi guidati e accompagnati in situazioni anche critiche in Russia.

Con la voce entusiasta di chi ha scalato una montagna e si può godere finalmente l’impresa, Cristina, 40 anni, rivolgendosi alle altre coppie dice: “Non lasciatevi scoraggiare. Adottare significa tornare a vivere e soprattutto far vivere un bambino che in qualche istituto aspetta solo voi.”

Con il sorriso sulle labbra, Cristina ricorda: “Dopo l’abbinamento alla Russia, abbiamo dovuto attendere un anno prima di essere abbinati a nostro figlio. In tutti quei mesi ho quasi torturato al telefono Francesca, la desk che segue le adozioni nel Paese. E lei paziente, ci incoraggiava. Poi dopo il primo viaggio ci son voluti altri 7 mesi prima di poter tornare a riabbracciare Aleksej. E questo periodo per noi è stato un incubo. L’abbiamo vissuto con relativa serenità solo grazie alle spiegazioni precise e puntuali che Francesca ci forniva, tranquillizzandoci parecchio”. Ma i suoi ringraziamenti vanno anche al personale estero di Amici dei Bambini. Cristina infatti aggiunge: “L’organizzazione impeccabile di Ai.Bi. è dovuta al fatto che si avvale di personale qualificato, ma soprattutto dotato di profonda umanità. Questo ci ha fatto sentire “a casa” anche in frangenti non sempre facili”. A chiederle lumi, Cristina racconta con spontaneità: “Quando sei all’estero, a volte senti il bisogno di confidarti o di avere un supporto da altri. E’ vero, siamo in due, ma non basta. Le persone che abbiamo incontrato, ci hanno aiutato andando ben oltre il loro lavoro. E questo fa la differenza”.

Cristina e suo marito Heros erano preparati al peggio: capita che un bambino ami poco essere abbracciato, baciato, toccato. E questo se l’erano ripetuto fino alla nausea. Ma Aleksej era diverso. Con la voce squillante ha riempito, lui così magrolino, i lunghi corridoi che lo separavano dai suoi genitori e quando si è aperta la porta è saltato addosso a papà Heros, restandogli avvinghiato per un buon minuto che è sembrato meravigliosamente infinito. Il piccolo avrebbe voluto seguire i suoi genitori fin da subito in Italia. Doverlo lasciare lì per lunghi sette mesi è stato difficile. Mamma e papà hanno riempito il vuoto di tutti e tre, inviando mail con tante foto. “E’ così- afferma Cristina- che nostro figlio ha potuto vedere la sua cameretta, il suo letto, il giardino e ogni angolo della sua casa”, ma soprattutto ogni sera per tutti quei lunghi mesi d’attesa Aleksej si è addormentato stringendo forte un cuscino con su la foto di mamma e papà. “Guai a lavarglielo, finisce in tragedia ogni tentativo”- confida Cristina. Perché quel cuscino è il primo tassello del puzzle chiamato famiglia, che Aleksej alimenta giorno dopo giorno fin dal primo incontro.

Mamma Cristina lo sa bene: “I nostri figli hanno priorità diverse da quelle dei loro coetanei. Per Aleksej l’unica cosa che conta è stare con noi, ricevere tanti baci e abbracci. E per il suo compleanno l’unica cosa che desidera è spegnere le candeline, sentendosi cantare Tanti Auguri!”. Cristina aggiunge: “Vederlo mangiare con appetito, vederlo sorridere e recuperare la sua infanzia ci ripaga di tutte le fatiche”.