Naufragio di migranti: 40, tra donne e bambini, annegano al largo delle coste libiche

gommoneNel Canale di Sicilia si continua  a morire e migliaia di profughi continuano a tentare la sorte affrontando traversate che somigliano sempre più a una roulette russa. Alcune decine di migranti – una quarantina secondo le testimonianze dei superstiti – sarebbero annegati in seguito al naufragio di un gommone avvenuto ieri mattina (23 luglio) davanti alle coste libiche. A raccontarlo alcuni dei sopravvissuti sbarcati nel pomeriggio ad Augusta dalla nave militare tedesca Holstein che ha soccorso complessivamente 283 profughi.

I superstiti del naufragio, una ottantina in tutto hanno raccontato che erano circa 120 (tutti di origine sub sahariana): 40 di loro non ce l’hanno fatta. Il gommone fatiscente partito dalla Libia a un certo punto avrebbe cominciato a imbarcare acqua. Una quarantina di migranti, tra i quali donne e bambini, sarebbero così annegati dopo essere finiti in mare.

Tra i 283 migranti sbarcati ad Augusta vi sono profughi provenienti da Somalia, Eritrea, ma anche Benin e Mali. Le operazioni di identificazione sulla banchina sono in corso e non è stato ancora deciso dove saranno trasferiti. Prima di partire giovedì mattina dalla Libia, tanti migranti hanno dovuto affrontare mesi di prigionia, durante i quali sono stati privati di tutto. Dei pochi soldi che avevano in tasca e dei pochi oggetti che contavano di portare con loro in viaggio. Mesi di privazioni e violenze.

Ad Augusta fino ad ora sono stati accolti circa 10 mila profughi dall’inizio dell’anno.

Infine, secondo quanto rivela Avvenire, sarebbe un etiope di nome Ermias Ghermay una delle menti del traffico di esseri umani dalla Libia. La polizia italiana avrebbe intercettato diverse telefonate tra Ghermay e i suoi luogotenenti, una delle quali lo collega direttamente al naufragio al largo di Lampedusa dell’ottobre 2013 in cui morirono 366 persone.

Nella registrazione si sente Ghermay “discutere del naufragio con uno dei suoi contatti in Sudan: i due ne parlano con disinvoltura come di un piccolo danno collaterale del loro traffico internazionale di uomini”. Ghermias dà la colpa ai migranti di insistere sul voler attraversare il Mediterraneo in un momento giudicato da lui inopportuno ed entrambi gli interlocutori si dicono “preoccupati per l’impatto che il naufragio sta per avere sulla loro reputazione e quindi sul ‘business'”.