Xi’An. Papà Luca “Il primo incontro con Anna Gwen: mia moglie in catalessi e io gonfiavo palloncini”

magnaboscoChi lo ha detto che gli adulti debbano necessariamente comportarsi da “grandi” ? Le emozioni, le paure, le angosce non hanno età…soprattutto quando stai guardando dritto negli occhi il tuo sogno…in carne ed ossa.  E allora in quel preciso momento che tu abbia 30, 40 o 50 anni, poco importa: ti sciogli, cadono tutte le barriere e i “buoni propositi” di essere “lucidi” e tutte le “prove del primo incontro” alla fine…lasciano il tempo che trovano. Perché in questo caso, quando incontri e riconosci tuo figlio in “quegli occhioni grandi” la realtà supera sempre la fantasia. In meglio.

Questo è proprio quello che è successo Luca e Bruna Magnabosco partiti il 29 maggio, sono rientrati da Xi’An il 19 giugno: sono loro che con straordinaria e disarmante sincerità e ironia raccontano i momenti dell’attesa e  dell’incontro con Anna Gwen: la figlia tanto desiderata e che hanno trovato in quell’angolo di terra sconosciuto ai più. Xi’An:per l’appunto. Tra notti insonni, crisi di astinenza da ex fumatore (compensato con decine di palloncini gonfiati a bocca) prove di mimesi con “la tappezzeria della poltrona incapace di muovermi”, lista infinita di domande (alle cui risposte si annuisce meccanicamente capendo ben poco…) e digiuni forzati…ecco il racconto live.

Il viaggio verso la Cina è stato lungo, ma meno devastante di come immaginavamo. All’arrivo a Pechino ci aspetta già Cristina (operatore Ai.Bi in Cina), l’angelo custode che ci ha poi scarrozzato per tutto il viaggio evitando che finissimo stritolati dagli ingranaggi della burocrazia cinese. Con lei che ci tiene metaforicamente per manina prendiamo l’aereo per Xi’An dove cerco di dormire un poco, visto che sul volo intercontinentale non avevo chiuso occhio. Mentre sto per addormentarmi, sento un bambino piccolo che piange qualche sedile più in là e mi sveglio di soprassalto pensando “Ci siamo dimenticati di dare da mangiare alla bambina!

Poi realizzo che non può essere la nostra, visto che dobbiamo ancora arrivare, e scivolo di nuovo lentamente verso il sonno… Un attimo dopo però mi viene in mente cosa stiamo andando a fare, la responsabilità che ci stiamo prendendo nei confronti di questa bambina ancora misteriosa che avrà bisogno di essere nutrita, lavata e stirata per i prossimi anni, più il tempo necessario per trovare lavoro e mi viene un pochino di panico. In questi casi penso a tutte le persone con figli che conosco, ognuna con le sue storie e i suoi problemi di ogni giorno, e mi dico che alla fin fine dovremmo riuscire a cavarcela pure noi”.

“Finalmente dormo… La prima serata a Xi’An trascorre velocemente; siamo tutti troppo distrutti ed emozionati anche solo per esplorare l’albergo. Domenica mattina, nonostante i migliori propositi, io e Bruna rimaniamo in camera terrorizzati, senza uscire neppure per mangiare. Ho voglia di fumare, ma visto che ho smesso sopperisco all’attività polmonare gonfiando un palloncino ogni volta che ho voglia di una sigaretta. Alla fine la camera è così piena di palloncini che non si riesce quasi a camminare. Finalmente alle tre e venti ci ricomponiamo e andiamo con Cristina, la guida e i nostri compagni di viaggio all’Ufficio Bambini Smarriti dall’altra parte di Xi’An a recuperare i pargoli.

Io e Bruna siamo ormai quasi in catalessi, ma ci diamo un tono per sembrare tranquilli. L’Ufficio Bambini Smarriti è al ventesimo piano di un grattacielo tra una selva di altri grattacieli; essendo domenica, gli uffici erano tutti chiusi tranne il nostro. Ci fanno sedere attorno ad un tavolo di vetro e firmare alcuni documenti; abbiamo qualche difficoltà a ricordare il nostro nome…, ma a parte questo ce la caviamo abbastanza bene.

Pochi minuti dopo si sentono dei rumori in corridoio. Cristina ci chiede se preferiamo incontrare i bimbi contemporaneamente o una coppia alla volta e noi riusciamo appena a farfugliare qualcosa di incomprensibile. Ce li portano insieme. La nostra Anna Gwen, questo il nome che le avevamo appena dato, è in braccio alla sua tata. La prima cosa che ti insegnano in tutti i corsi per genitori adottivi è di rispettare i tempi del bambino al momento dell’incontro, mantenendo una certa distanza fino a quando si sente a suo agio e decide di avvicinarsi spontaneamente poco alla volta. Io naturalmente appena la vedo quasi mi dimentico di tutti questi corsi e mi lancio come un falco per prenderla, per strapparla dalle braccia della povera tata… ma mi fermo appena in tempo, per fortuna riuscendo a non provocare traumi irrecuperabili.

La tata, tramite la guida che ci fa da interprete, ci chiede se avessimo domande e Bruna ed io partiamo con la lista lunghissima che avevamo scritto in albergo più alcune che ci sorgono sull’onda dell’ispirazione estemporanea: quali sono i suoi piatti preferiti? È allergica a qualcosa? Si ammala facilmente? Ha dei giochini che le piacciono in particolare? Chi le ha tagliato i capelli? non fa nessuna differenza perché mentre lei risponde io annuisco meccanicamente senza riuscire a memorizzare nemmeno una risposta. La bambina ci guarda perplessa con i suoi occhioni neri girando la testolina di qua e di là. Alla fine la tata ci chiede se vogliamo prenderla in braccio. Mi giro a guardare Bruna ma lei si è mimetizzata perfettamente con la tappezzeria della poltroncina e non riesco a trovarla, quindi riprendo il volo di prima e mi lancio ad accoglierla. Eravamo pronti ad un’eruzione di lacrime tipo vulcano equatoriale… Invece, sorprendentemente, la piccola piange solo un attimo per poi mettermi le braccia al collo attaccandosi strettissima. Ci tengo a dirlo perché quando a quindici anni mi urlerà addosso che mi odia e non vuole più vedermi perché non le compro lo scooter tridimensionale volante o roba del genere è importante che se lo ricordi. Ovviamente un biscotto si rivela fondamentale per la mia opera di corruzione minorile. Vedendo che la bambina non sembra mordere, anche Bruna poco a poco si tranquillizza e quando si sente a suo agio si avvicina spontaneamente a noi due.

Entro pochi minuti noi e la bambina avevamo già perfettamente socializzato, camminavamo tutti mano nella mano ed eravamo pronti per scattare qualche foto di rito prima di tornare insieme all’albergo e dedicarci a scoprire questa piccola meraviglia della natura. L’incontro era avvenuto nel modo più sereno e meno traumatico immaginabile, al di là di ogni nostra più ottimistica speranza. I giganteschi occhioni neri di Anna Gwen esprimevano un pochino di paura, ma anche tanta curiosità di sapere dove l’avrebbe portata questa nuova avventura.

Un paio di giorni dopo, assolte le prime necessità burocratiche, compiamo persino la coraggiosa impresa di riportarla in istituto. Il nostro scopo era di permetterle di chiudere il cerchio con la prima parte della sua esistenza, facendole capire che in futuro avrebbe potuto anche tornarci senza sconvolgimenti emotivi, che l’istituto e tutte le persone che aveva conosciuto rimanevano al loro posto, mentre lei se ne veniva via con noi a vivere una vita possibilmente felice e serena in Italia e che non c’era nulla per lei o per noi da nascondere o da rimuovere riguardo quel luogo e il suo passato.

Da ultimo, non ci dispiaceva che desse un ultimo saluto alla tata, che l’aveva cresciuta così bene e mostrandole tanto affetto. Se la bambina è così serena e affettuosa sicuramente è anche merito suo…

Sappiamo che la visita all’istituto non sempre è consigliata perché potrebbe generare nei bambini il timore di essere restituiti o traumi del genere, ma noi ci siamo sentiti di correre il rischio proprio perché il passaggio di consegne di domenica era avvenuto senza nessuna crisi. In effetti la visita non è eccessivamente traumatica: Anna Gwen è molto contenta di vedere le sue giostrine nel parco dove andava tutti i giorni, di tornare in braccio alla tata per dieci minuti e rivedere lo stanzone dove giocava con gli altri bimbi, la camerata con il suo lettino tra altri trenta uguali e i corridoi colorati dove sono state scattate le prime foto che ci hanno fatto innamorare di lei. È molto meno contenta quando la tata ce la riconsegna: la sua prima crisi di pianto furioso da quando è con noi. Fortunatamente si risolve con dieci minuti di coccole della mamma anziché con dieci anni di terapia come temeva il papà.

L’istituto poi non è affatto male, tutto il personale sembra molto gentile e affezionato ai bambini e non mancano né i giochi, né lo spazio, né la pulizia; siamo sicuri che tra quelle mura la nostra bambina è stata trattata bene.

Le settimane seguenti, da Xi’An a Pechino, le trascorriamo finalmente a conoscerci meglio. Terminate le pratiche burocratiche dedichiamo ogni minuto alla nostra piccolina, rilassandoci in camera o portandola a spasso, tra gite in barca sui laghetti dei magnifici parchi pubblici ed escursioni sulla Grande Muraglia.

Poco a poco la perplessità iniziale si scioglie mentre la fiducia nei nostri confronti continua ad aumentare, e in brevissimo tempo Anna Gwen dimostra di essere una bambina vispa ma molto serena, sempre affamata, dolcissima e allegra, nonostante qualche normale capriccio di quando in quando.

Per quanto riguarda noi…il colpo di fulmine al momento dell’abbinamento non lasciava scampo: ormai siamo completamente cotti di lei! Sappiamo di essere solo all’inizio di una lunga strada da percorrere insieme, ma la partenza è stata ottima ed il coraggio e l’entusiasmo non mancano… a nessuno dei tre!!!