Griffini (Ai.Bi.) : “Paesi che chiudono le adozioni internazionali? La responsabilità è delle Autorità Centrali dei paesi di accoglienza “

griffini-convegnoE’ corretto chiudere un Paese per paura che le adozioni internazionali si trasformino in un traffico di minori? Di chi è la responsabilità se un Paese di origine chiude le adozioni internazionali per traffico di minori? Delle autorità dei Paesi di origine, della loro mancanza di controllo, di eventuali connivenze o piuttosto delle autorità dei Paesi di accoglienza, del loro mancato controllo sugli enti autorizzati e delle famiglie? E ancora cosa fare per collaborare con i Paesi di origine per garantire una adozione internazionale assolutamente trasparente e sicura?

Questo il passaggio cruciale dell’intervento di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi, amici dei Bambini che ha aperto i lavori del convegno  “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza” in programma da ieri e continua oggi a Gabicce Mare (Pesaro Urbino) nell’ambito della XXIV settimana di Studi e Formazione delle associazioni Ai.Bi. e La Pietra Scartata.

L’adozione internazionale ha ancora un futuro? – si è chiesto Griffini – O meglio i bambini abbandonati hanno ancora un futuro? Molte volte ci si dimentica che parlare di adozione vuol dire innanzitutto parlare di bambini. Sono loro i protagonisti della adozione, noi ne siamo solo i comprimari. Ma questo, molto spesso, viene dimenticato”.

Se così non fosse, se l’adozione fosse veramente considerata per quello che è, cioè l’ ultima possibilità per un bambino abbandonato di essere chiamato con nome di figlio – ha continuato Griffini – allora non saremmo qui a parlare di futuro della adozione e cercare di salvarla. Perché tutti sarebbero dalla parte dei bambini. Chi non si darebbe da fare per salvare un bambino dal suo abbandono? Per salvarlo dalla perdita di un padre e una madre?”

Ma quello che “gioca contro”,  è l’erronea e “moderna” concezione dell’adozione che viene vista dalle coppie sterili come uno dei “metodi” per avere un figlio, ovvero come una forma di genitorialità a pagamento. Un modo di vivere l’adozione non solo erroneo ma anche pericoloso. Perché “se non si trova una coppia disposta a pagare – si interroga Griffini –  il diritto di quel bambino abbandonato non si avvera? Ma allora che diritto è? Un diritto che non esiste in stesso, che esiste solo sulla carta delle convenzioni internazionali”.

Ecco che allora il presidente di Ai.Bi. pone ai relatori e protagonisti del convegno tre questioni ai quali si dovrà trovare una risposta alla fine della “due giorni” di dibattiti e confronto.

La crisi che ha colpito le adozioni internazionali in Italia – ha detto –  sembra da ascriversi ad altre cause rispetto a quelle che hanno colpito Francia, Spagna e USA. Sembra dipendere da un fatto ‘politico’ : dalla fine del 2011 è cambiato qualcosa a livello ‘di scelta politica della accoglienza’ . Si potrebbe pensare, dunque, che senza un governo che creda nelle adozioni internazionali, queste non hanno futuro”. Ma – ed è qui la prima domanda: “È sufficiente una scelta politica di ‘sostegno alle adozioni’ , cioè ritornare al 2011 , a quei governi per uscire dalla crisi odierna?”

Il calo delle richieste delle coppie è iniziato molto prima – ha aggiunto – di quello delle adozioni. E sembra inarrestabile: 500 copie all’ anno. Quindi le cause di questo calo sembrano non avere nulla a che fare con la ‘scelta politica’ Quali quindi la cause? Perché, e questa è la seconda domanda, le coppie italiane, francesi e spagnole fuggono dall’adozione internazionale?”

Infine, terzo quesito: la EALA (Assemblea legislativa della Africa dell’ Est, Uganda , Kenya , Tanzania, Rwanda e Burundi) dichiara l’intenzione dei Paesi africani di “programmare l’ abolizione della adozione internazionale per evitare che i bambini finiscano nelle mani dei trafficanti “.

“Ma è mai possibile – al giorno d’oggi – – si è chiesto Griffini – chiudere un Paese per paura che le adozioni internazionali si trasformino in un traffico di minori ? Di chi è la responsabilità se un Paese di origine chiude le adozioni internazionali per traffico di minori? Delle autorità dei paesi di origine , della loro mancanza di controllo, di eventuali connivenze o piuttosto delle autorità dei paesi di accoglienza , dal loro mancato controllo , degli enti autorizzati, delle famiglie?”

Per quanto riguarda la CAI, il regolamento impone che, ogni due anni , ogni ente autorizzato debba essere sottoposto a verifica “sulla permanenza dei requisiti di idoneità degli EA e sulla correttezza,trasparenza della loro azione” . Quindi essendo in Italia, noi Enti autorizzati (66), dovremmo assistere ogni anno a ben 33 verifiche. “Ora a quanto sappiamo sono solo due le verifiche in corso. Come si possono condurre adozioni internazionali se il sistema non viene rigidamente controllato? Che futuro può avere un sistema così delicato, ma fuori controllo?

Allora – la TERZA DOMANDA – di chi è quindi la responsabilità se un Paese di origine chiude le adozioni per delle irregolarità nelle procedure adottive – ha precisato – condotte dagli stranieri e cosa fare per collaborare con i paesi di origine per garantire una adozione internazionale assolutamente trasparente e sicura?”

“Ecco , queste sono le tre questioni che pongo sul tavolo di questo convegno – ha concluso il presidente di Ai.Bi.– e credo che in base alle risposte che riusciremo a dare, dipenderà o meno la  risposta alla “madre delle domande “qui posta : l’ adozione internazionale ha ancora un futuro?