La capacità di ricominciare qualcosa di nuovo che prima non c’era

battesimo gesùDai testi del profeta Isaia (Is 40,1-5.9-11) e della Lettera di san Paolo apostolo a Tito (Tt 2,11-14; 3,4-7) prende spunto la riflessione di don Maurizio Chiodi, assistente spirituale nazionale di Ai.Bi. Amici dei Bambini e de La Pietra Scartata, per la domenica in cui il brano del Vangelo di Luca (Lc 3,15-16.21-22) ricorda il battesimo ricevuto da Gesù nelle acque del fiume Giordano da parte di Giovanni Battista.

 

VANGELO Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,15-16.21-22

 

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». 

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

 

 

La solennità del Battesimo del Signore, che celebriamo oggi, è una festa di ‘confine’. È come una soglia.

Per un verso infatti conclude tutte le feste del Natale ed è strettamente collegata all’Epifania e per un altro verso ‘apre’ al tempo liturgico ordinario, che comincia proprio oggi, anche perché è proprio con il Battesimo che Gesù ha cominciato la sua vita pubblica.

Se voi leggete con attenzione la seconda lettura, vi accorgerete che torna per due volte il verbo ‘apparire’. «E’ apparsa infatti la grazia di Dio», scrive Paolo, e poi ripete: «Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini …». E poi l’apostolo dice anche che noi ora viviamo «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo».

Vedete che questa festa del Battesimo è legata all’apparizione, alla manifestazione della grazia di Dio in Gesù e per questo sta sulla scia dell’Epifania (manifestazione) e del Natale?

Non solo: da parte di Gesù, la scelta di farsi battezzare da Giovanni è un gesto di totale condivisione con la nostra condizione umana, proprio come rivela il suo Natale.

 

Il Vangelo di Luca ricorda come «tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo». Le folle accorrevano a lui nel deserto, per farsi battezzare nel fiume Giordano.

Questa immersione nel fiume era un segno forte, di grande spessore simbolico. Spesso quando noi parliamo delle colpe e dei peccati, usiamo – giustamente -l’immagine della macchia. Peccando ci sentiamo ‘sporchi’ e sentiamo il bisogno o meglio il desiderio profondo di ‘pulirci’, di togliere via ciò che ci ha sporcato.

Questo significava, anche ai tempi di Gesù, l’accorrere di tutta la gente al fiume Giordano, per farsi immergere (e battezzare) nell’acqua del fiume.

Il battesimo esprimeva il desiderio di rinnovamento, di cambiamento, di conversione.

 

Questo ‘segno’ dell’acqua che purifica è conosciuto in molte religioni e culture. È una bellissima tensione. L’acqua che purifica e pulisce dice la nostra capacità di cancellare, per ricominciare qualcosa di nuovo, che prima non c’era!

Ma la domanda vera è questa: siamo ‘davvero’ capaci noi, da soli, di cancellare e di ricominciare?

Sta proprio qui la differenza tra il battesimo di Giovanni, o l’immersione rituale che fanno gli induisti nel fiume Gange, e il nostro Battesimo.

Lo stesso Giovanni, alle folle che accorrono a lui, dice: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me», “uno che è più grande di me. Viene colui che io annuncio come un servo”. Anzi, “io – dice Giovanni – davanti a colui che viene, non sono nemmeno degno di essere servo: ecco – dice il grande Giovanni – «egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»”. 

Che strano, Giovanni associa al battesimo nell’acqua il fuoco. L’acqua, di solito, è ciò che spegne il fuoco. Invece qui no. Il segno dell’acqua, il nostro Battesimo, dice l’opera di Dio, il ‘fuoco’ dello Spirito, dice che in quel rito, che è un sacramento, è Dio stesso che agisce in nostro favore.

L’apostolo Paolo, scrivendo a Tito, dice che: «la bontà di Dio … e il suo amore per gli uomini … ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna».

Sono delle parole bellissime, che andrebbero ‘spiegate’, illustrate, comprese fino in fondo, perché sono una sintesi potente ed efficace di che cosa è la ‘novità’ cristiana e di quello che accade quando noi veniamo battezzati nel nome di Gesù.

 

Qui vorrei solo sottolineare che, nel simbolo dell’acqua del Battesimo, noi veniamo salvati, lavati dalla bontà e dall’amore di Dio per noi. Nel Battesimo, cioè, noi riceviamo la grazia di Dio, nell’effusione dello Spirito, che il Padre ha riversato su di noi, per mezzo di Gesù.

È per questo che può essere battezzato anche un bambino, piccolo, che non può ancora fare nulla. Perché, nel Battesimo, è Dio che agisce. Non siamo noi che diciamo: “voglio cambiare! Voglio compiere, da qui in avanti, «opere giuste». No! È la sua misericordia che, nello Spirito di Gesù, viene effusa su di noi in abbondanza.

Un piccolo bambino, che nasce in un mondo segnato e devastato dal male, dalla violenza, dalle guerre, dalla menzogna, dalla prepotenza, riceve nel Battesimo uno straordinario dono di speranza. Sono i suoi genitori che lo immergono in questa novità di vita perché, giustificato «per la sua grazia», dice Paolo – per la grazia di un dono totalmente gratuito di Dio! –, possa diventare «nella speranza», erede «della vita eterna» e cioè figlio di Dio.

Questo celebriamo nel Battesimo, anche dei bambini piccoli.

 

Certo, per quasi tutti noi, c’è anche il rischio, proprio perché siamo stati battezzati da piccoli, che quel dono straordinario ‘scivoli’ via, proprio come l’acqua e che noi lo ‘subiamo’ senza davvero farlo nostro!

Ma questo è esattamente il nostro compito: rispondere, da adulti, man mano che cresciamo, alla gratuità della misericordia di Dio.

Il Battesimo non è un atto ‘magico’: è un atto di Dio, di Gesù nella Spirito, ma attende la nostra risposta, perché solo attraverso la nostra libertà noi possiamo accogliere il dono di Dio.

Questo è, allora il nostro compito oggi: vivere il nostro Battesimo, che ci ha rigenerati e rinnovati, vivere da persone riconoscenti per il dono ricevuto, grati per la sua grazia! Il cristiano è sempre un uomo grato perché sa di essere stato salvato, per grazia!

 

Nel suo battesimo nel Giordano, che era solo il battesimo di Giovanni, Gesù ha voluto esprimere un’altra cosa: la sua totale solidarietà con la nostra umanità.

Pensate, ha compiuto un gesto di estremo abbassamento, direi addirittura di umiliazione. Lasciandosi battezzare, lui si è messo al livello di tutti noi, peccatori, lui che è, invece, il solo giusto.

Ebbene, proprio in quel momento di massima umiliazione o meglio di massima umiltà, una umiltà che nasce dall’amore di chi condivide, in quel momento, egli viene innalzato.

 

Il Vangelo di Luca racconta che mentre Gesù, dopo aver ricevuto il battesimo, «stava in preghiera». Questo sottolinea l’estrema consapevolezza del gesto di Gesù. Non s’è messo in fila, come se fosse uno dei tanti. Si è raccolto in preghiera come per gustare fino in fondo il senso di quel gesto. Gesù così manifesta a noi la sua comunione, profondissima, indissolubile, con il Padre.

Proprio in quel momento «il cielo si aprì». Un’espressione bellissima per dire che in quel momento Dio stesso si muove. È tutta la Trinità di Dio che è implicata e coinvolta in Gesù, in quel momento straordinario.

Lo Spirito ‘discende’ su Gesù «in forma corporea, come una colomba» – è la colomba della pace, la colomba dell’alleanza di Dio, ai tempi di Noè, con l’umanità rinnovata e purificata dall’acqua del diluvio! – e mentre questa colomba scende su Gesù «venne una voce dal cielo».

È la voce di Dio, del Padre, che nomina quell’uomo lì, apparentemente uguale a tutti gli altri, come il proprio Figlio: «Tu sei il Figlio mio, l’amato».

Gesù è l’amato, il Padre è colui che ama, lo Spirito è l’amore tra i due! È l’affascinante ‘manifestazione’ dell’amore trinitario!

Tutto questo è il compimento della parola dei profeti: «in te ho posto il mio compiacimento» e riprende la parola di Isaia, che parlava del Servo del Signore.

 

Accogliamo dunque anche noi il dono di Dio, in Gesù, e camminiamo nella vita nella grazia, con riconoscenza e gratitudine!