Il Family Day si farà, il 30 gennaio in piazza. Ma Renzi ha deciso: tiro dritto

family dayIl Family Day si farà? Quando? Dove? E  il Governo che posizione assumerà? Quesiti che in questo momenti si fanno sempre più insistenti e a cui prova a dare una risposta Fabio Martini, de La Stampa, pubblicato il 13 gennnaio 2016. Riportiamo la versione integrale dell’articolo.

Il dado è tratto. Dopo una lunga trattativa tra movimenti cattolici, Cei e Vaticano su dosaggi e messaggi, alfine è stato deciso che la terza edizione del Family day si farà e si farà contro la legge sulle unioni civili in discussione in Parlamento. Legge fortemente voluta dal presidente del Consiglio. Oggi (13 gennaio 2016) sarà dato l’annuncio ufficiale da parte dei promotori: la manifestazione si terrà sabato 30 gennaio in piazza San Giovanni, con parole d’ordine il più possibile costruttive: non contro i diritti degli omosessuali, ma a favore di quelli dei figli e della famiglia. Per il terzo Family day la data e la sede non sono privi di significati simbolici: il 30 la legge, sia pure in prima lettura, potrebbe non essere stata ancora approvata. E quanto alla “location”, piazza San Giovanni è il luogo nel quale si sono svolte le prime due edizioni del Family Day.

Quello del 2007, promosso dal cardinale Camillo Ruini contro i Dico (versione “extralight delle unioni civili) voluti dal governo Prodi e quello del giugno 2015 promosso dai movimenti più identitari, in diretta polemica con la Cei, considerata indifferente ai “valori non negoziabili”. Il terzo Family day è invece l’effetto di una mediazione. Dal Vaticano è stato fatto sapere, attraverso il cardinale Bagnasco che lo ha spiegato ai portavoce dei movimenti, che il Papa non promuoverà mai una manifestazione contro una legge dello Stato, ma che non la contrasterà se a promuoverla saranno i movimenti. Il Vaticano non è a favore ma neanche contro, il corpo della Chiesa resta indiviso e a questo punto la palla torna dalle parti di palazzo Chigi. Matteo Renzi, da parte sua, ha deciso: si tira avanti. Pur avendo sentore del movimentismo in atto nel mondo cattolico, in un summit ristretto con i suoi, il capo del governo ha deciso: marcia indietro sul reato di immigrazione clandestina e avanti tutta sulle unioni civili, nella versione più impegnativa, quella che prevede anche la cosiddetta stepchild adoption, l’adozione del figliastro. Legge che Renzi non ha problemi a votare assieme ai Cinque Stelle, allo scopo – non confessabile così apertamente – di darsi una “patina progressista” in una fase nella quale – dicono i sondaggi – l’elettorato liberal e di sinistra è in libera uscita dal Pd.

Ma ora, con la convocazione di un Family day non sconfessato dal Papa, la tenuta laica di Renzi è destinata a tradursi in una sfida alla Chiesa? Chi lo conosce, assicura che per il premier il Family day non equivale ad un corteo della Cgil. Ha un peso diverso. Anzitutto Renzi è cattolico e conosce le spinte, i valori e le dinamiche di quel mondo. Certo, è un cattolico “mobile”: nel 2007, da presidente della Provincia di Firenze, partecipò al Family day promosso dall’ala più conservatrice della Chiesa, quella guidata dal cardinale Ruini contro una versione molto edulcorata delle attuali unioni civili (di adozioni non parlava nessuno) e lo fece sostenendo che la questione delle coppie di fatto «non è prioritaria» e in ogni caso «quando non si coglie il fatto storico di un milione di persone in piazza si commette un errore gravissimo». Ora il milione di persone, o quante saranno, marcerà contro Renzi, che nel frattempo ha cambiato idea, ma il premier ha già dimostrato di non avere timori reverenziali nei confronti dei “poteri forti” e dunque non si sposta dall’idea di varare una legge a suo modo storica, a suo avviso capace di interpretare il mutare del costume degli italiani. Certo, fino all’ultimo il governo cercherà mediazioni che impediscano la pratica dell’utero in affitto. Ma sulle adozioni, Renzi ha tracciato una linea, con un abile escamotage: sia lui che Maria Elena Boschi hanno dichiarato di essere favorevoli «a titolo personale”. Messaggio chiaro: numero uno e il numero due del governo pensano che le adozioni di gay si possano fare. Anche se la Chiesa non è d’accordo.