Russia. “Dalla scheda sembrava che il bambino avesse di tutto, ma Aleksey era già nostro figlio: e il futuro ci ha dato ragione”.

famiglia gobbo #iosonoundonoA parte papà Mauro, è la famiglia delle y: mamma Fanny, due figli naturali Timothy, 19 anni e Marghery 9 anni, e per finire Aleksey, 6 anni compiuti lo scorso 6 dicembre, originario della regione di Volgograd.

Eh sì, i nomi così ci sono sempre piaciuti!” racconta Fanny del vezzo di portare i nomi con la y finale. La famiglia Gobbo, che abita vicino a Pordenone, è tornata dalla Federazione Russa nel novembre 2015.

Aleksey è bello e vivace, va a nuoto ogni settimana, con piacere ma anche perché aveva bisogno di rinforzarsi – dicono i genitori che per #iosonoundono raccontano la loro storia di adozione -. Quando abbiamo letto la scheda, sembrava che il bambino avesse di tutto, dall’epilessia a altri problemi sanitari fin dalla nascita. In realtà ci avevano avvisato che spesso in queste schede le patologie sono sovradimensionate. Viene quasi da pensare che sia una messa alla prova per le coppie…. sono cose che poi si superano, ma occorre essere pronti ad affrontarli”.

Le diagnosi indicate nei documenti ufficiali dei bambini russi spesso riportano informazioni che possono apparire allarmanti: viene registrato tutto quello che accade nella storia sanitaria del bambino, anche il sospetto di una patologia grave, ma capita di frequente che si tratti di episodi isolati non confermati da analisi approfondite.

Appena arrivati in Italia siamo andati all’ospedale di san Vito al Tagliamento dove è possibile effettuare un check up completo per i bambini che arrivano in adozione: dagli esami non è risultato nulla, tantomeno l’epilessia”.

Un quadro clinico che si è quindi ridimensionato ma certo ha lasciato tutta la famiglia con il fiato sospeso per qualche tempo.

Se le descrivessi l’orgoglio mostrato oggi da Aleksey in piscina, contento e fiero perché erano andati a vederlo i  fratelli e i nonni…ecco, già questo vale tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni per incontrarlo – dicono i Gobbo –  Si possono attraversare momenti difficili ma vorrei che passasse questo concetto – aggiunge Fanny – : è tuo figlio che ti dà la mano con lo zainetto sulle spalle e decide di uscire dall’istituto. E’ lui che ha chiuso una porta e ha potuto aprire un portone”.

A volte si dimentica, ma è incredibile il coraggio di questi bambini che si affidano a persone mai viste e arrivate da lontano.

D’altro canto, per andare a prendere loro figlio, Mauro e Fanny hanno effettuato 4 viaggi in Federazione Russa nel corso del 2015, rispetto ai tre che di norma sono previsti dalla procedura. “E’ stato faticoso per tutti, anche per i nostri figli che aspettavano a casa – dice Fanny – ma anche gli imprevisti, sappiamo, è una eventualità da mettere in conto adottando in Russia. E infatti, per un problema di documenti da rifare, la sentenza di adozione è stata rinviata: sono stati necessari altri documenti relativi a visite mediche e firme sui certificati…senza entrare nel labirinto di questa burocrazia possiamo dire che si arriva a fare tutto: il percorso richiede nervi saldi, ogni tanto bisogna anche di tirare fuori le unghie!”.

Così la famiglia Gobbo, dopo l’imprevisto, dovette rientrare in Italia, ripetere in poco tempo una serie di documenti e ripartire per la nuova data dell’udienza prima che scadesse il visto sul passaporto.

Siamo stati in tribunale tre volte, ormai ci conoscevano! – dice Fanny – ma quando abbiamo capito che, finalmente, tutto stava filando liscio e l’udienza era andata bene ci siamo detti: rifaremmo tutto daccapo anzi… ci spiace di aver adottato soltanto un bambino!

E così la memoria viaggia indietro nel tempo, al giorno emozionante del primo incontro, nel febbraio 2015. “Aleksey in un primo momento ci ha guardato con sospetto, poi si è avvicinato a me tirandomi per la borsa – ricorda Fanny – : mettendo il suo visino tra le mani, mi ha detto:  “Portami a casa.

Chiedeva solo questo, non gli interessavano i giochi che gli avevamo portato o altro. Voleva solo “venire a casa”. Seguendo i ritmi dell’istituto, i genitori vedevano il figlio alcune ore al giorno: minuti preziosi per instillare fiducia nel bambino che dovrà necessariamente attendere diversi mesi per poter lasciare l’istituto.

Non dimentichiamo che questi bambini sono soli, per quanto ben accuditi come nel caso di Aleksey – dicono i Gobbo, che ringraziano anche la loro fede e devozione alla Madonna, cui si sono affidati  – : il suo istituto era colorato, strutturato con varie attività e i bambini erano seguiti a piccoli gruppi ma… è sempre un istituto. Non c’è l’amore della famiglia”.

Tornati in Italia c’era qualcun altro che aspettava Aleksey: un compagno di istituto, adottato da una famiglia vicino a Bergamo. “Ci siamo incontrati a Mantova e abbiamo trascorso una bellissima giornata insieme. Giochi, risate e momenti speciali – concludono i Gobbo – : a un certo punto i bambini si sono presi per mano, come per andare chissà dove. E’ stata una emozione unica per noi genitori