Roma. Via libera del Tribunale a una coppia gay per l’adozione di un bimbo nato da utero in affitto. Le reazioni: “Legittimata una pratica razzista e classista”. “Inaccettabile mercificare la maternità”

melita cavallo 400 286Aver ottenuto lo stralcio dal disegno di legge sulle unioni civili dell’articolo 5, quello sulla stepchild adoption, a quanto pare è valso davvero a poco. L’adozione del figliastro per le coppie omosessuali, uscita dalla porta, è già rientrata dalla finestra. Quella della magistratura. Una sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma, pubblicata a metà marzo, ha accolto la richiesta di una coppia di uomini di adottare un bambino che vive con loro da 5 anni, nato in Canada attraverso la maternità surrogata. La decisione è stato uno degli ultimi atti prima di andare in pensione dell’ormai ex presidente del tribunale capitolino, Melita Cavallo. Secondo la quale, la stepchild, in questo caso, sarebbe nell’interesse del bambino. Da qui la decisione di far rientrare il caso tra quelli “speciali” previsti dall’articolo 44 della legge 184/1983, superando il divieto di maternità surrogata previsto dalla legge 40 sulla fecondazione assistita. Ma sulla vicenda il mondo politico si è subito diviso.

I protagonisti sono due professionisti romani, conviventi da 12 anni, che nel giugno 2015 hanno presentato al Tribunale la richiesta di adozione del bambino. I due risultano sposati in Canada e, subito dopo la nascita del piccolo, sono rimasti per qualche tempo nel Paese nordamericano con la madre “surrogata”, con cui avrebbero mantenuto i rapporti, recandosi spesso da lei con il bambino.

A giustificare la sentenza, emessa il 31 dicembre 2015, per Cavallo sono essenzialmente due aspetti: la presenza stabile della coppia nella vita del piccolo e il fatto che la maternità surrogata sarebbe stata a titolo gratuito. Recentemente la stessa Cavallo aveva difeso la pratica nei casi in cui è un dono. Non è la prima volta, del resto, che il Tribunale di Roma dà il via libera all’adozione a una coppia omosessuale. Ma questo è il primo caso in cui la sentenza è definitiva. “Perché non è stata impugnata dalla Procura – spiega Cavallo -. Come sempre abbiamo privilegiato l’interesse superiore del bambino che nel caso specifico frequenta la scuola dell’infanzia in maniera del tutto serena e la donna canadese mantiene rapporti costanti sia con la coppia sia con lo stesso bambino che ha portato in grembo per 9 mesi”.

In due casi precedenti le coppie erano composte da donne ed entrambe le sentenze sono state appellate: attualmente una è al vaglio della Cassazione, l’altra attende il giudizio d’appello.

Perplessità sulla sentenza in questione è stata espressa da Alberto Gambino, docente di Diritto privato all’Università Europea di Roma. E’ aberrante che una madre non si occupi del figlio che ha messo al mondo– ha detto – e il fatto che, in questo caso, come risulta, se ne occupi almeno un po’ mi sembra un’ipocrisia volta a tentare di mitigare il giudizio su una pratica inaccettabile. E non mancano dubbi anche sul piano giuridico per il riferimento alle adozioni speciali. Che, sottolinea Gambino, “presuppongono che un genitore non vi sia, mentre qui la madre c’è”.

Dure anche le reazioni dal mondo politico. Per Paola Binetti dell’Udc, “la nostra magistratura continua a scavalcare il Parlamento in virtù di un’interpretazione creativa che non tiene in alcun conto il dibattito nel Paese. Nel Nuovo Centrodestra Maurizio Sacconi denuncia come la sentenza “legittima la pratica razzista e classista dell’utero in affitto” e Valentina Castaldini sottolinea l’urgenza di approvare un ddl che punisca la maternità surrogata anche se praticata all’estero. A una “battaglia comune” contro l’utero in affitto richiama anche Elena Centemero di Forza Italia, per la quale “non è accettabile mercificare la maternità e legittimare questa pratica, riconoscendola di fatto con sentenze giudiziarie”. Sentenze che, per dirla ancora con Gambino, nascono “dall’aggiramento del divieto per una pratica che tutti definiscono inaccettabile”. “Valuteremo in Parlamento, assieme a deputati e senatori che si oppongono all’immonda pratica dell’utero in affitto, reato in Italia, quali iniziative civili, penali ed amministrative si debbano assumere nei confronti della dottoressa Melita Cavallo”, annuncia infine il senatore Carlo Giovanardi (Idea), definendo la sentenza del Tribunale romano arrogante ed offensiva delle regole democratiche, del ruolo di un libero parlamento e della volontà più volte espressa del popolo italiano”.

 

Fonte: Avvenire