Caso adozioni in Congo, Benedicte finalmente a casa

famiglia vertuaDopo quasi 1.000 giorni di attesa, Maria Benedicte è arriva a casa. Lei è uno dei tanti bambini della Repubblica Democratica del Congo rimasti bloccati nel loro Paese di origine a causa della moratoria delle adozioni internazionali decisa dal governo di Kinshasa a settembre del 2013. I suoi genitori sono Annalisa e Fabrizio Vertua di Brescia. Il loro incontro, tanto atteso e sperato, si è finalmente realizzato sabato 7 maggio. Se ne parla in questo articolo, che riportiamo integralmente, pubblicato su “Bresciaoggi” lunedì 9 maggio. 

 

Si  è conclusa ieri la lunga attesa della famiglia Vertua, che da quasi tre anni attendeva l’arrivo di una bambina adottata in Congo. Finalmente la piccola Marie Benedicte di sette anni ha potuto abbracciare i genitori adottivi, il papà Fabrizio, collaboratore di Bresciaoggi, e la mamma Annalisa, e insieme a loro i due fratellini Claudio e Zaccaria, anch’essi adottati in Congo.

In tutto sono stati ben 956 i giorni di attesa a causa del blocco all’uscita dei minori decretato dal Governo della Repubblica Democratica del Congo il 25 settembre 2013, che ha visto 26 famiglie italiane (divenute poi 24) rimanere in Africa per due mesi e mezzo per poi tornare a casa senza figli. «Uno strazio, un dolore difficilmente immaginabile – racconta Fabrizio Vertua – quello di dover lasciare chi hai imparato a chiamare figlio, mentre lui ha imparato a chiamarti mamma e papà; quello di rientrare a casa senza di lui, rimanendo separato per cinque mesi, prima che un aereo di Stato lo potesse portare finalmente a casa. Pensavamo fosse il culmine, pensavamo allora di aver raggiunto l’apice di questa vicenda, era il 28 maggio 2014… Eravamo invece solo all’inizio».

NEI MESI successivi la speranza che il blocco si esaurisse entro l’anno dalla sua promulgazione, come inizialmente stabilito. Poi la doccia fredda. La notizia, appresa da un trafiletto di un giornale congolese, del prolungamento «sine die» del blocco e il panico delle oltre 140 famiglie restanti, con il loro «carico» di circa 180 bambini (3 quelli destinati a venire a vivere nel Bresciano). Famiglie già legalmente formate in Repubblica Democratica del Congo attraverso due sentenze del tribunale, ma non legalmente riconosciute Italia: la procedura prevede infatti che la cittadinanza italiana sia riconosciuta ai bambini solo dopo la trascrizione di quelle sentenze da parte del Tribunale dei Minori di riferimento in Italia.

Sospesi in questo limbo sono passano i mesi, scanditi da appelli al silenzio da parte della Cai, la Commissione per le adozioni internazionali, alle famiglie, da una guerra mediatica fra l’istituzione stessa e un ente adottivo, con il senso di sfiducia e di abbandono che cominciava a diffondersi in molte famiglie. E lo stesso fronte delle famiglie si è più volte diviso anziché battersi compatto per una soluzione rapida.

Intanto i bambini restano in Congo, crescendo negli istituti nei quali si mangia una volta al giorno e ci si deve considerare fortunati nel contesto in cui si vive. Giorni rubati a questi bimbi. Giorni senza le coccole che avrebbero potuto ricevere, giorni lontani magari dai loro fratelli, coinvolti anche loro in questa attesa che non comprendono. Ai bambini non importa di chi siano le colpe, non importa di chi sia la responsabilità: i fatti dicono che stanno là, quando potrebbero esser già in Italia.

IL 5 AGOSTO scorso il Comitato Genitori Rdc sbarca a Montecitorio, nella sala stampa della Camera, facendo uscire per la prima volta pubblicamente il malcontento di una parte minoritaria di genitori. Da allora la vicenda subisce finalmente un’accelerazione pur fra mille contraddizioni. Dopo due anni e mezzo non ci sono ancora pronti i documenti per l’espatrio dei bambini, la presidente della Cai Silvia Della Monica paventa la risoluzione «si spera entro un mese».

Su 134 bambini ancora fermi in Congo, 51 arrivano in Italia (fra loro anche un bimbo bresciano) l’11 aprile scorso. Degli 83 rimanenti solo ieri, 7 maggio, arrivano altri 31 bambini (fra i quali una piccola neo-bresciana). Ma non è ancora finita, ne restano altri 52 (fra loro ancora una piccola bresciana che attende di veder finalmente mamma e papà a Soprazocco di Gavardo).

Sulle modalità del loro rientro, come al solito, vige il segreto e riserbo più totale, quasi fosse una questione di Stato. Si tratta di famiglie, ma in primis soprattutto di bambini, che attendono di abbracciarsi reciprocamente. Si tratta di nuovi nuclei famigliari che chiedono soltanto di cominciare una nuova vita. Sembrerebbe la cosa più bella e più semplice del mondo ma, nei fatti, non lo è… e la battaglia continua.