Unioni civili. Il netto “no” dei vescovi italiani. Galantino: “Porre la fiducia è una sconfitta per tutti”. Pennisi: “E’ fascismo strisciante”. E la maggioranza perde pezzi

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Una presa di distanza netta e senza appello. È quella dei vescovi italiani che, alla vigilia del voto finale sul disegno di legge in materia di unioni civili, hanno espresso tutto il loro dissenso verso la decisione del governo di porre la fiducia alla Camera sul ddl. A pronunciarsi a nome dei vescovi di tutto il Paese è stato il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, Sua Eccellenza monsignor Nunzio Galantino. Ma la sua non è rimasta una voce isolata: anche altri porporati hanno espresso la loro contrarietà alla scelta del premier Renzi, definita degna di un “fascismo strisciante”. Nel frattempo, il fronte del “no” al ddl sulle unioni civili si rafforza, non solo nel mondo cattolico e nelle forze di opposizione all’esecutivo, ma anche nella stessa maggioranza.

“Il governo ha le sue logiche, le sue esigenze, probabilmente avrà anche le sue ragioni – ha detto Galantino -, ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti. Una sconfitta della democrazia, innanzitutto. Perché ottenere attraverso la fiducia l’approvazione al ddl sulle unioni civili vuol dire evitare che su un tema così delicato per le radici stesse della nostra società avvenga un libero e democratico dibattito parlamentare. Da qui l’invito del segretario generale della Cei a garantire “maggiore partecipazione e attenzione e maggiore rispetto per coloro i quali sono stati eletti. Soprattutto sui temi legati alla famiglia, cellula fondamentale della società. “C’è la necessità di politiche che siano più attente – ha sottolineato Galantino -, e che davvero mettano al centro l’importanza della famiglia, fatta di madre, padre e figli. Il ruolo della famiglia – ha proseguito il vescovo – non è sussidiario o marginale: la società deve capirlo. Non è un tema che deve stare a cuore solo alla Chiesa, ma a tutti”.

A rafforzare le parole di Galantino è intervenuto l’arcivescovo di Monreale, Sua Eccellenza monsignor Michele Pennisi, già delegato della Cei per la scuola e l’educazione. In un’intervista al quotidiano “la Repubblica”, Pennisi si è espresso in modo ancora più duro. “Credo davvero che aver posto la fiducia sia un fatto del tutto negativo per la nostra democrazia – ha detto l’arcivescovo siciliano -. Argomenti così delicati e importanti necessiterebbero infatti di altri approcci. Con la fiducia, piuttosto, il parlamento viene imbavagliato. E in questo modo non si tiene conto che esiste una grande fetta del Paese che questa legge non la vuole. A mio avviso questo modo di fare è fascismo strisciante, un qualcosa che in nessun modo condivido”. Ed entrando nello specifico del ddl, Pennisi ha sostenuto che “i diritti delle persone conviventi si possono tutelare in altro modo, ad esempio con un testo unico sui diritti che elenchi e ribadisca quanto l’ordinamento italiano già prevede per le persone impegnate in convivenze”“Invece questa legge a mio avviso ha un portato ideologico, ha concluso.

Intanto, la maggioranza sembra perdere pezzi in vista del voto. I deputati Gianluigi Gigli e Mario Sberna (Democrazia Solidale-Centro Democratico) hanno annunciato che voteranno “no”, giudicando la decisione di porre la fiducia in questo caso “irrituale e discutibile” . “La scelta della fiducia è frutto della decisione errata del Governo di assumersi la paternità delle unioni civili – hanno scritto Gigli e Sberna in una nota -, malgrado non facessero parte degli accordi di maggioranza. Giudichiamo questa scelta una forzatura finalizzata solo a restringere lo spazio per il voto di coscienza all’interno del PD e del maggiore alleato di governo”.

E anche all’interno del partito del premier Renzi non mancano i malumori. Il senatore del Pd Miguel Gotor concorda infatti con le parole di Galantino e afferma che la fiducia alla Camera “è un nuovo errore che crea un pericoloso precedente”.

 

Fonti: La Stampa, Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera