Milano. La lotta ai fallimenti adottivi passa per l’esempio spagnolo: il primo passo è ridurre i tempi “fuori famiglia”

fallimenti adottiviFare uscire al più presto i minori fuori famiglia da quella sorta di limbo in cui si trovano oggi per ridurre le loro sofferenze di domani. E’ questa una delle strade da seguire necessariamente per prevenire i casi di fallimenti adottivi. I quali, pur rappresentando solo una netta minoranza rispetto alle adozioni realizzate (poco più del 2%), restano tuttavia uno degli obiettivi fondamentali della lotta all’abbandono. Di prevenzione dei fallimenti adottivi si è parlato, giovedì 12 maggio a Milano, nel corso del seminario internazionale I fallimenti nell’adozione: risultati di ricerca e indicazioni per la prevenzione, organizzato dal dipartimento di Psicologia e dal Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il convegno, tenutosi nella sede dell’ateneo milanese, ha visto la partecipazione di Jesus Palacios, docente di Psicologia dell’educazione e dello sviluppo dell’Università di Siviglia. Dopo aver presentato la situazione dei fallimenti adottivi nell’area della città andalusa nel corso del decennio 2003-2012, il professor Palacios ha presentato le modalità adottate dalla legge spagnola per limitare il fenomeno dei fallimenti adottivi e ridurre i tempi in cui i minori fuori famiglia si trovano “nel mondo di nessuno”. In Spagna il periodo di allontanamento temporaneo del minore dalla sua famiglia di origine non può superare i 2 anni. Entro questo termine, infatti, il Tribunale per i Minorenni deve decidere sul reinserimento del bambino nella sua famiglia di origine oppure dichiararlo adottabile. Altra interessante novità nella legge iberica è quella che impone che i bambini fuori famiglia di età inferiore agli 8 anni non siano in alcun caso collocati in comunità educative, ma solo in affido familiare o in case famiglia.