Adozioni internazionali. Da dove nascono le lungaggini burocratiche alla base della crisi. Pillon (commissario Cai): “Per 2 anni la Commissione è stata sequestrata”

pillonAd avere diritto a delle risposte rapide e sicure sono soprattutto i bambini abbandonati che vivono negli orfanotrofi. Invece le adozioni internazionali sono frenate in particolare dalle lungaggini burocratiche. Su questo sono d’accordo tutti: ragazzi con un passato in istituto, responsabili degli enti autorizzati, membri della Commissione Adozioni Internazionali. Lo dimostra quanto emerso nel corso della puntata di martedì 23 agosto della trasmissione “Fuori posto” di Radio 24, condotta da Umberto Alezio e Filippo Roma. Che hanno intervistato Simone Pillon, commissario della Cai, Maurizio Faggioni, presidente dell’associazione “Bambini di Chernobyl Onlus”, e Anastasia, una ragazza bielorussa che ha vissuto in istituto. Con loro si è cercato di indagare a fondo le ragioni della crisi delle adozioni internazionali che, in 4 anni, ha visto dimezzarsi il numero di minori stranieri adottati nel nostro Paese.

Il nostro era un sistema virtuoso – ricorda l’avvocato Pillon -, invidiato dai Paesi più avanzati del mondo perché si era riusciti, con una buona legge, a costruire una perfetta sinergia tra pubblico e privato. Gli enti autorizzati erano considerati privati, ma con valenza pubblica, molto spesso costituiti da famiglie adottive che lavoravano sul territorio straniero mettendo in contatto le famiglie italiane con i bambini abbandonati”. Poi però qualcosa si è rotto. “L’organismo di controllo degli enti, la Cai, è stato sostanzialmente sequestrato – spiega ancora Pillon ai microfoni di Radio 24 -. La Cai dovrebbe essere un organismo collegiale, ma non riunendosi non può prendere decisioni. L’ultima volta che la Commissione è stata convocata infatti risale al 27 giugno 2014. Poi basta. “Non so perché – ammette Pillon, che racconta anche di aver presentato una richiesta formale di convocazione urgente della Cai il 19 marzo 2015 -. Ma da allora non ho ricevuto neanche il minimo riscontro. A sorvegliare sul funzionamento della Commissione, ricorda l’avvocato,  dovrebbe essere il premier. Il quale “ha recentemente sostituito la presidente della Cai Silvia Della Monica con il ministro Boschi, ma alla vicepresidenza è rimasta sempre Della Monica”, che negli ultimi 2 anni aveva ricoperto entrambi i ruoli. Fatto sta che, ricorda ancora Pillon, “a tutt’oggi la Cai non è stata convocata”.

Ecco quindi spiegata la ragione principale delle lungaggini burocratiche che bloccano le adozioni internazionali in Italia. Ne è testimone Maurizio Faggioni, presidente di un ente che adotta in Bielorussia. E che ripercorre le disavventure affrontate negli ultimi anni. “Il 3 dicembre 2014 abbiamo presentato alla Cai una lista di famiglie che volevano adottare in Bielorussia – racconta a “I Fuoriposto” -. Ma solo dopo vari solleciti, dopo 6 mesi, siamo arrivati ad avere finalmente l’inoltro” di questa lista da parte della Cai alle autorità di Minsk, secondo una procedura prevista dall’accordo tra Italia e Bielorussia. “In questi 6 mesi – si chiede Faggioni – questa lista in quali uffici della Cai è rimasta?”

Proprio dalla Bielorussia arriva Anastasia, 30 anni, 16 dei quali trascorsi in un orfanotrofio del proprio Paese. Nella sua testimonianza, portata ai microfoni di Radio 24, tutto il dramma dei bambini abbandonati che vivono in istituto. “Le punizioni erano la normalità di ogni giorno – racconta – Ho tanti brutti ricordi. I bambini che vivono con te diventano tutti tuoi fratelli e quando li vedi puniti in modo molto serio ci stai male. Non capivo perché ci picchiavano”.  E rivolge un appello alla società italiana: “La cosa peggiore è che passi troppo tempo per le adozioni. I bambini che vivono in orfanotrofio hanno già vissuto un abbandono. Se, dopo aver conosciuto la coppia disposta ad adottarli, i tempi si allungano, pensano che anche quei nuovi genitori li abbiano traditi e abbandonati una seconda volta. Un monito chiaro per le nostre istituzioni.