India, stop alla maternità surrogata a pagamento: una delle tradizionali mete del turismo procreativo dice basta all’utero in affitto

india madri surrogateL’India dice basta all’utero in affitto. Il 24 agosto il governo di New Delhi ha presentato un disegno di legge (il Surrogacy Regulation Bill 2016) finalizzato a regolamentare la pratica della maternità surrogata, rendendola illegale nei casi in cui abbia fine di lucro. Evidente dunque il tentativo di porre un freno a un’“industria” che negli ultimi anni è cresciuta senza controllo.

La discussione parlamentare del ddl è prevista per novembre o dicembre. Se approvato, introdurrà due sostanziali modifiche al sistema attuale. Innanzitutto sarà consentita la maternità surrogata solo in forma altruistica: le donne che presteranno il proprio utero non potranno più ricevere un compenso, ma verranno assicurati loro il rimborso delle spese mediche e un’assicurazione sanitaria. Seconda modifica rispetto al passato: potranno usufruire della maternità surrogata soltanto coppie eterosessuali di nazionalità indiana, sposate dal almeno 5 anni e in possesso di un certificato medico che ne attesti la sterilità. Inoltre, la donna che si rende disponibile per la gravidanza “per conto terzi” deve avere un legame di parentela con uno dei due membri della coppia “committente” e potrà offrire il proprio utero solo una volta. Non potranno più farlo, quindi, coloro che si sono già prestate a questa pratica dietro compenso. Chi contravverrà rischierà fino a 10 anni di carcere e una multa fino a un milione di rupie, l’equivalente di circa 13mila euro.

Stop quindi al turismo procreativo: stranieri, single, conviventi, coppie omosessuali e coppie che hanno già dei figli saranno non potranno più ricorrere alla maternità surrogata.

Una prospettiva non da poco, alla luce del fatto che, negli ultimi anni, l’India era diventata una vera e propria “mecca” del turismo procreativo. Grazie a un’assistenza medica di qualità e al contempo economica e a un quadro legislativo fumoso, in tutto il Paese sono proliferate circa 3mila cliniche per la fertilità che tutt’oggi richiamano coppie, soprattutto provenienti da Paesi ricchi, che trovano in India madri surrogate appartenenti alle classi povere disposte ad affittare il proprio utero in cambio di soldi, accettando spesso di essere vittime di sfruttamento. Ogni gravidanza surrogata costa ai committenti tra i 18 e i 30mila euro – circa un terzo rispetto alle “tariffe” in vigore negli Stati Uniti -, di cui solo 8mila spettano alla donna. Il tutto per un business stimato attorno ai 400 milioni di dollari all’anno. Un mercato fiorente, ma eticamente inaccettabile. Lo hanno già capito altri Paesi tradizionali mete del turismo procreativo, come Thailandia e Nepal che, tra luglio e settembre 2015, hanno posto un freno a questa pratica. Come per una sorta di effetto domino, ora sembra essere giunta l’ora anche dell’India.

 

Fonte: Avvenire