Denunciare le violenze familiari subite davanti ai propri figli per evitare conseguenze peggiori

#NonToccatemiLaMamma. Michela, 15 anni di botte dal marito prima di dire basta. SMS al 45567 per dare a donne come lei un’opportunità per tornare a vivere

Il racconto delle violenze e delle umiliazioni subite da quello che credeva fosse “una persona splendida, affermata lavorativamente, un bell’uomo, una persona che si relazionava benissimo”. Ma che poi – nel racconto fatto dalla donna, ex imprenditrice oggi disoccupata a Repubblica Tv, si è trasformato in un ‘mostro’. A lei sono serviti 3 lustri per uscire dall’incubo. La Campagna di Ai.Bi. punta a offrire a madri come Michela la possibilità di sfuggire alle violenze prima che sia troppo tardi

Vai a parlare! Perchè non sei nè stupida, nè ignorante, nè isterica. Fallo per te e per i tuoi figli. Non avere paura: è l’appello finale di Michela, una delle vittime della violenza domestica subita dal marito nel nostro Paese. Che dopo 15 anni di vessazioni, umiliazioni e botte ha trovato nell’ascolto e nell’accoglienza di persone competenti la risposta al tanto, troppo dolore che questi abusi subiti le avevano prodotto nel cuore. Quella che da anni offrono anche gli operatori di Ai.Bi. nelle strutture protette costruite per accogliere donne in difficoltà come Michela.

Una crisi d’ansia ha portato quest’ultima a decidere di vuotare il sacco, intraprendendo un percorso “lungo”, che strizza l’anima. “Devi ricostruire la tua autostima che non hai più, perchè te l’ha portata via“, sottolinea. Imprenditrice con una propria azienda in una città del Sud Italia, a 32 anni conosce un bell’uomo romano, affermato lavorativamente. “Ci siamo incontrati, ci siamo piaciuti. Poco dopo un mese lui mi ha chiesto di sposarlo. Era il 1998“.

Da qui la decisione di lasciare la propria famiglia, l’impresa, un ‘tradimento’ che non va giù al padre. “Il matrimonio all’inizio va benissimo – racconta a Repubblica Tvio continuavo a viaggiare per lavoro, ero autonoma. Fino alla gravidanza, che poi ti ferma. Pian piano, pian piano perdo l’azienda. Perchè non seguendola in prima persona è fallita“.

Da lì è iniziato tutto: “Il mio ex marito – ricorda – ha buttato la maschera. Da splendido uomo è diventato quasi un aguzzino. Le ferite sono difficili da raccontare, perchè subentra la vergogna, la paura di non essere creduta, quindi la difficoltà anche a denunciare queste continue e lente vessazioni, insulti, offese in tutte le sfere di una donna: ‘Buttati dal sesto piano, buttati sotto un treno, sei una fallita’ “.

Arrivano pure i maltrattamenti fisici: spintoni, torsioni di braccia e quant’altro. “Quando ha perso il controllo della situazione – sospira Michela – alla fine arrivò a mandarmi anche all’ospedale, perchè mi ha rotto una spalla, lacerato il labbro e rotto il dito della mano. E l’ha fatto davanti ai figli. Lì è intervenuta la Polizia di Stato“.

Il silenzio delle persone che la circondano è un altro degli aspetti che più turbano la donna. “Quelle del posto dove abitavo sapevano, quindi non mi chiedevano. Le vicine sentivano, appunto non mi chiedevano…”. Per questo, raccomanda: “Se c’è un vicino che sente qualche donna in situazioni antipatiche, anche se c’è solo il sospetto, chiamate la Volante“.

La dipendenza, anche economica, la fiducia, il presunto amore, i dubbi e i sensi di colpa, fino alla convinzione che “non vali niente“, che “non sei capace di fare niente“. Violenze perpetrate anche davanti ai ragazzi, figli che oggi hanno 15 e 10 anni. E che da sempre hanno visto il padre maltrattare la madre. “Ho avuto paura che facesse anche male ai miei figli – prosegue Michela – perchè oltre agli insulti, le denigrazioni e le demotivazioni, con loro ha usato spesso anche le mani: schiaffi, manate, spintoni. In più, diceva che sarebbero stati peggio della loro madre, degli ignoranti nati“.

Oggi – conclude la donna e madre – mi chiedo: dov’era Michela e perchè Michela ha sopportato tanto; e perchè Michela non è andata via quando ha capito che c’era un serio rischio, soprattutto per i figli“. Interrogativi ai quali Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini vuole restituire una risposta concreta di aiuto per evitare che escalation come quella raccontata portino fino a tragiche conseguenze.

Per questo, ha lanciato la Campagna ‘Non Toccatemi La Mamma’, il grido d’allarme dei figli che sono costretti – come nel caso raccontato da Repubblica Tv – ad assistere inermi alle violenze perpetrate in famiglia contro le proprie madri. Per potenziare i servizi di ascolto, accoglienza e accompagnamento protetto verso la riconquista della propria libertà interiore ed esteriore, serve un SMS o una chiamata al 45567, che sarà attivo fino al 23 dicembre.

Un piccolo gesto, che però può aiutarci a fare tanto per non dover più dire che non c’è posto alle mamme che bussano alla porta delle nostre comunità mamma-bambino.