Adozioni in Etiopia. Il commento di Laura Laera, vicepresidente CAI.

Dopo la Repubblica Democratica del Congo, segue a ruota l’Etiopia: quest’ultima, inaspettatamente, decide di bloccare le adozioni internazionali lasciando nel panico la Commissione Adozioni Internazionali, gli enti autorizzati ma soprattutto le circa 107 coppie in attesa di abbracciare i loro figli; di queste, circa 22 sono già abbinate ad un bambino.

Un “altro Congo” in Africa: si potrebbe riassumere così il blocco delle adozioni in Etiopia, che ha fatto crollare la terra sotto i piedi delle 107 famiglie italiane in attesa di abbracciare i loro figli.
Il 25 settembre 2013 fu la Repubblica Democratica del Congo a sbarrare le porte dell’accoglienza italiana e da pochi giorni anche uno stato del Corno d’Africa decide che i bambini in attesa di una famiglia rimarranno all’interno del Paese. Per la Commissione Adozioni Internazionali le gli enti adottivi a decisione è arrivata all’improvviso dopo aver ricevuto, appena 24 ore prima, assicurazioni da parte dell’ambasciata italiana, che parlava di buone intenzioni del governo locale, specie nei confronti di Roma. In un comunicato sul sito della commissione si legge: “Questa Commissione per le adozioni internazionali,  in relazione all’attuale situazione delle adozioni internazionali in Etiopia, ha appreso in via ufficiosa da mass media etiopi, radio e televisione, la notizia che, in seguito all’approvazione di una nuova normativa in materia, le adozioni internazionali sarebbero state bloccate.”

Restano sconcerto, apprensione e paura da parte delle 22 coppie già protagoniste di un abbinamento in Etiopia e altrettanti sentimenti di sgomento per le altre 85 con un dossier aperto sul Paese.
Alla decisione del Parlamento etìope, si aggiungono i problemi legati ai cinque anni “di gelo” della Commissione Adozioni Internazionali , le cui attività sono riprese regolarmente da momento della nomina – prima dell’estate – della vicepresidente Laura Laera, che con l’autunno ha ripreso a riunire l’organismo e a dialogare con enti e famiglie dichiarando che l’Italia sta pagando la totale assenza di un dialogo con i paesi.

In un’intervista al quotidiano Vita, la vicepresidente lascia trasparire tutto il suo stupore: “attendiamo di leggere il testo della legge, che non è ancora stata pubblicata; dall’Etiopia non è arrivata ancora alcuna comunicazione ufficiale, sono già in corso contatti”. La CAI, a novembre, ricorda Laera, “aveva dato disposizione agli enti italiani autorizzati a affinché non assumessero ulteriori incarichi da parte di famiglie desiderose di adottare in Etiopia e non proponessero nuovi abbinamenti alle famiglie già in carico per la situazione di estrema incertezza concernente la definizione degli iter adottivi”.

Sull’Etiopia ci sono 85 depositi, che significa coppie instradate, di cui 22 hanno un abbinamento, questo secondo i dati in nostro possesso, ce ne può essere qualcuna in più che gli enti non ci hanno ancora comunicato”, spiega la Laera. Per capire se concluderanno il loro iter adottivo “è fondamentale ora vedere il testo della legge approvata”, perché da quello si potrà capire se il paese intende privilegiare l’adozione nazionale o chiudere definitivamente le porte dell’adozione.
Prima di giungere a conclusioni affrettate è necessario dunque aspettare le prossime comunicazioni del parlamento di Addis Abeba la cui decisione sembra tuttavia non guardare ai dati dell’abbandono minorile in Etìopia, come nel resto dell’Africa.