Case famiglia da rivedere? Le priorità sono la riforma dell’affido e l’Avvocato del minore

Griffini (Ai.Bi.): “Minore fuori famiglia solo per due anni con una sola proroga. Poi rientri a casa o vada in adozione”

Quello delle case-famiglia è un tema caldo nel dibattito politico degli ultimi giorni. Il vicepremier Matteo Salvini ha infatti annunciato recentemente l’istituzione di una commissione d’inchiesta apposita su queste strutture.

Vogliamo fare chiarezza sulle opacità di un sistema che, ad oggi, non consente di avere un quadro chiaro e aggiornato sul numero di minori coinvolti, in quali strutture siano ospitati e se quest’ultime rispettino gli standard minimi su servizi, assistenza, costi e trasparenza”, hanno spiegato i capigruppo della Lega di Senato e Camera, Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, aggiungendo che l’obiettivo è: “verificare che il diritto dei minori a crescere nella propria famiglia di origine sia sempre rispettato ed evitare casi di abuso e di non corretto utilizzo di risorse pubbliche. L’ultima indagine sulle attività e sul funzionamento delle comunità e dei centri a cui vengono affidati i minori, sui criteri di scelta, valutazione e controllo delle famiglie affidatarie e del contesto in cui vivono, aveva già evidenziato numerose criticità nella normativa vigente e l’inadeguatezza del sistema di rilevazione dei dati sui minori fuori famiglia”

I numeri, in Italia, di chi vive in queste realtà non sono irrisori. Anzi. Sono infatti circa 35mila i minori collocati fuori famiglia. Eppure c’è chi dubita che una riforma del settore possa avere efficacia, come il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini.

Non serve a nulla – spiega una indagine sulle comunità educative e sulle case famiglia – si tratterebbe di tempo e soldi buttati via e nulla cambierà per questi 35mila ragazzi. Innanzitutto, invece, occorrerebbe fare delle distinzioni tra le comunità educative, che possono ospitare fino a 12 minorenni e sono gestite da educatori professionali, e le ‘case-famiglia’ vere e proprie, gestite da coppie di genitori affiancate, ma non sempre, da un educatore e che possono accogliere fino a sei minori”.

Quello che servirebbe, in realtà, sono due riforme legislative assai più importanti. In primis l’introduzione della figura dell’”Avvocato del Minore”. “Significa – spiega Griffini – che, nel momento in cui un minore, per qualsiasi motivo, viene allontanato dalla famiglia d’origine, viene nominato il suo ‘avvocato di fiducia’. Un difensore capace di lottare per lui affinché si concretizzi il rientro a casa, dove e quando possibile, o altrimenti, in caso di vera impossibilità di rientrare, si avvii in maniera rapida il processo di adozione”. Un processo che dovrebbe avvenire rapidamente, senza tenere il minore in una condizione di indeterminatezza.

La seconda riforma necessaria è indubbiamente quella della riaffermazione della temporaneità dell’affido. “In questo caso – spiega ancora Griffini – servirebbe una legge che preveda che minore possa restare fuori dalla sua famiglia di origine per un massimo di due anni, prorogabili solo in presenza di casi davvero eccezionali e comunque solo una volta per altri due anni. Stop. D’altra parte era questo lo spirito del legislatore nel promulgare la legge 149 del 28 marzo 2001, ma che non è mai stato attuato nella prassi”.