Adozione internazionale. Un convegno a Roma: “Ma chi ha detto che i minori abbandonati non ci sono più?”

Griffini (Ai.Bi.): “Bambini attendono di essere accolti. Basta cultura della selezione contro i genitori adottivi”

Un convegno per discutere di legge sulle adozioni. Se ne è parlato ieri a Roma, nell’incontro “La legge sulle adozioni: tra adozione e affido. Il punto sulle procedure. La tutela dei minori“, svoltosi presso la Camera dei Deputati e organizzato da Ai.Bi. – Amici dei Bambini, dall’Istituto di Medicina Solidale Onlus, da Oltre l’Adozione e dall’Unione Italiana Forense.

Al convegno hanno partecipato diversi esponenti delle istituzioni. Tra questi l’on.Maria Teresa Bellucci,  senatrice di Fratelli d’Italia, che ha introdotto informando i convenuti di aver recentemente presentato una risoluzione sull’adozione, al fine di dare una scossa al Parlamento per tentare di superare la grave crisi che, dalla fine del 2011 in poi, ha attanagliato il settore, complice anche lo stallo istituzionale della CAI – Commissione Adozioni Internazionali, soprattutto durante il Governo Renzi.

All’intervento dell’on.Bellucci hanno fatto seguito tutti gli stakeholders invitati a partecipare: psicologi, funzionari ministeriali, magistrati del Tribunale per i Minorenni e non, avvocati, assistenti sociali, medici, legislatori di differenti appartenenze politiche. Un confronto quanto mai necessario poiché in questi anni sono mancati momenti di dialogo tra diverse prospettive sull’argomento.

Tra gli interventi c’è ovviamente stato quello del presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini, che ha evidenziato come, nei confronti della adozione, sia necessario un radicale mutamento di prospettiva culturale, che ponga l’accento sulla emergenza umanitaria dell’abbandono dei minori, eliminando al contempo gli stereotipi peggiori, il primo tra i quali è la convinzione che siano pochi i minori abbandonati e che, comunque, siano i Paesi d’origine a preoccuparsi di trovare loro una famiglia. Griffini ha ricordato, a tal proposito, come in questi giorni Ai.Bi. abbia ricevuto da vari Paesi dell’est europeo e dell’America del sud liste con centinaia di nomi di minori dichiarati adottabili, su molti dei quali pesa come un macigno l’età superiore ai 12 anni, che li rende meno “appettibili” alle potenziali coppie adottive.

Minori sui quali, ha detto Griffini, “scopriamo che sono stati abbandonati quasi tutti da piccoli ma sono rimasti per anni e anni in istituto, prigionieri della assurda burocrazia inventata da noi adulti. Cosa possiamo fare noi? – si è inoltre chiesto il presidente di Ai.Bi. – Far sì che questi bambini del limbo siano riconoscibili e portarli alla luce prima che sia troppo tardi. Occorre, e qui le forze politiche possono essere realmente utili, pressare le organizzazioni internazionali, in modo particolare UNICEF, perché finalmente rediga un rapporto mondiale sullo stato di abbandono de minori fuori famiglia. Sul versante italiano, stiamo assistendo ad un inesauribile crollo di fiducia da parte delle coppie italiane nei confronti della adozione internazionale e anche qui il problema è di ordine culturale. Siamo immersi, paradossale trattandosi di un atto di accoglienza, in una cultura permeata dall’idea di selezione, per la quale la coppia che vorrebbe accogliere un figlio non proprio, sembra essere quasi penalizzata da magistrati e operatori anziché aiutata e formata, in sostanza accompagnata a comprendere. L’apice di questa cultura selettiva è rappresentato dalla permanenza in Italia, unico paese europeo, della idoneità giudiziaria, cioè rilasciata da un Tribunale dei Minorenni, mentre in tutti gli altri Paesi è stata sostituita da quella amministrativa, cioè rilasciata dai servizi sociali dopo un percorso di accompagnamento”.

“Negli anni – ha proseguito Griffini – contrariamente alla legge italiana in materia, l’idoneità giudiziaria ha travalicato i limiti della legalità, per cui in alcuni tribunali italiani persiste ancora la prassi dei decreti vincolati, con la precisa definizione delle caratteristiche, per quanto riguarda l’età, lo stato di salute, il numero dei fratelli e qualche volta anche le caratteristiche somatiche del bambino da adottare, quasi fosse un oggetto da comperare e non un figlio da amare! Pratiche che sono contrarie ai dettami della Convenzione dell’Aja, dettami che pongono in capo alle competenti autorità del Paese di origine il dovere e la responsabilità dell’abbinamento del minore con la coppia adottiva straniera. In definitiva, prima di operare modifiche o riforme sul piano normativo, occorre un diverso approccio culturale che finalmente veda l’adozione come il vero problema del bambino abbandonato!”