Giornata Mondiale dei Genitori, ma ogni anno quasi 2000 minori finiscono fuori famiglia. E solo il 20% va in affido

Perché questa sproporzione? Eppure la legge parla molto chiaro e indica quale preferibile l’affidamento famigliare

Una riflessione per la Giornata Mondiale dei Genitori. Proprio oggi tocca infatti ricordare come ogni anno siano quasi 2000 i minori che si trovano a vivere fuori famiglia. Di questi, tuttavia, solo il 20% viene dato in affidamento famigliare, cioè a dei “genitori affidatari”. Perché una sproporzione di questo tipo? Eppure la legge, in proposito, è molto chiara.

Secondo gli ultimi dati del Ministero della Giustizia, resi disponibili da questo scorso aprile 2020, nell’anno 2018 sono infatti stati 380 i provvedimenti di affidamento familiare pronunciati dai Tribunali per i minorenni italiani mentre sono stati 1.623 i provvedimenti di affidamento a comunità o istituti, in base all’art.4 comma 2 della legge 184/1983 (affidamento giudiziale, in contrapposizione a quello “consensuale” e cioé disposto con il consenso delle famiglie che acconsentono ad avere un supporto al loro nucleo in difficoltà). Si tratta di una proporzione evidentemente non rispettosa della previsione dell’articolo 2 commi 1 e 2 della stessa legge, ove è previsto che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo“, sia “affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola” (comma 1) e che solo “ove non sia possibile l’affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato”.

Non ci sono abbastanza famiglie disponibili o è solo una prassi? Come noto agli addetti al settore, la prassi degli affidamenti è molto variabile nei diversi territori del nostro Paese, perché i Tribunali per i Minorenni hanno usanze e probabilmente anche risorse diverse in questa materia, a livello di disponibilità della società civile. Ma è purtroppo altrettanto noto che le risorse economiche impiegate per l’affidamento in Comunità e strutture siano sproporzionate rispetto a quelle impiegate nel caso di affidamento a famiglie: una indagine parlamentare conoscitiva nella materia, di pochi anni, fa lasciava emergere il rapporto di oltre 2mila euromensili per un affidamento in strutture contro le circa 450 euro mensili per il supporto alle famiglie affidatarie.

Al di là del delicato ma anche annoso tema delle risorse, a proposito delle persone di età minore prive di un ambiente familiare idoneo merita in ogni caso rilievo il documento CRC/C/ITA/CO/5-6 del 28 febbraio 2019 (cfr. paragrafo 24) contenente le ultime Osservazioni del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza rivolte al Governo italiano (disponibili su www.gruppocrc.net/Osservazioni-Conclusive-del-Comitato-ONU), ove allo Stato italiano si raccomanda, tra l’altro, di: persistere nel rivedere le proprie politiche sulle misure alternative di accoglienza per i minorenni privi di un ambiente familiare per diminuire l’affidamento alle organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni religiose, con il fine ultimo di sviluppare un sistema basato sui diritti dei minorenni, più integrato e responsabile che integri le misure tradizionali di accoglienza fornite dalla famiglia allargata con una maggiore attenzione al superiore interesse del minorenne; garantire che le Linee guida nazionali siano applicate in modo efficace, appropriato e su base paritaria e nella stessa misura nelle diverse Regioni del Paese, tenendo conto del fatto che esistono diverse forme di collocamento familiare dei minorenni nelle varie Regioni; garantire che l’allontanamento dei minorenni dalla famiglia, compresi quelli con disabilità, sia consentito solo dopo un’attenta valutazione del superiore interesse riferito al caso individuale e monitorato in modo efficace; adottare misure per ampliare il sistema di affidamento dei minorenni che non possono rimanere con le proprie famiglie, al fine di superare la istituzionalizzazione; istituire un registro nazionale dei minorenni privi di un ambiente familiare, basato su criteri uniformi e chiari su tutto il territorio dello Stato parte.

Sempre in tema di affidamento, altri due altri importanti nodi che annualmente vengono evidenziati dal Gruppo CRC, di cui Ai.Bi. – Amici dei Bambini fa parte da oltre 10 anni, nei rapporti periodici sulla situazione dei diritti dei minorenni nel nostro Paese, sono quello della temporaneità di tale misura, troppo spesso applicata per molti anni attraverso rinnovate proroghe, e quello della presenza di bambini piccoli, in particolare nella fascia 0-3 anni, all’interno di strutture di accoglienza non riconducibili alle “comunità di tipo familiare”, allorché invece la legge 149/2001 prevede i minori di età inferiore a sei anni, se non in famiglie affidatarie, siano inseriti solo presso quelle speciali comunità perché “caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia”.

In questi mesi è in corso di redazione il prossimo rapporto annuale del Gruppo CRC, la cui pubblicazione è prevista per il mese di novembre 2020. Ai.Bi. è già a lavoro insieme alle altre associazioni del Gruppo, ma questi dati disponibili lasciano già presagire un rinnovo di alcune delle raccomandazioni ormai ricorrenti allo Stato italiano perché, purtroppo, molti restano i progressi ancora da fare in materia di affidamento familiare.