Il dramma delle scuole paritarie in Italia. Il 30% rischia di non riaprire a settembre

Tra fondi inadeguati ed impossibilità di accedere ai finanziamenti UE si consuma la fine della scuola paritaria in Italia. Così lo Stato spenderà 1,6 miliardi in più

Mentre il governo continua a discutere, le scuole paritarie si avviano verso una inesorabile chiusura.

Si stima infatti che il 30% delle strutture a settembre non potrà far suonare la campanella per richiamare gli studenti a lezione e non riapriranno neanche molti nidi e materne.

Il decreto rilancio ha previsto di destinare al comparto solo 150 milioni di euro. Fondi non sufficienti per mantenere attive e vitali le scuole.

Così, giovedi, in piazza a Montecitorio si sono ritrovati in molti per manifestare, chiedendo alla politica finanziamenti adeguati e il diritto a veder rispettata la libera scelta delle famiglie di poter decidere che tipo di istruzione dare ai propri figli.

Ma mentre i rappresentanti di quasi ogni forza politica hanno deciso di scendere in piazza per confermare solidarietà ai manifestanti rimarcando il proprio impegno nell’aumentare i 150 milioni previsti, la pubblicazione di un altro bando PON i cui fondi (29 milioni) destinati alla realizzazione di smart class nelle scuole superiori, non potranno essere erogati a favore degli istituti paritari, arriva come una doccia fredda.

Eppure nel 2018 sembrava che tra la UE e l’Italia si fosse giunti ad un’ intesa attraverso la modifica dell’accordo di partenariato tra la Commissione europea e l’Italia per le politiche di coesione perché, in definitiva, il sistema di istruzione italiano è composto sia da strutture statali che da strutture paritarie ed entrambe esercitano un’attività di servizio pubblico.

Quindi stando così le cose il problema dove nasce?

Le risorse FESR e FSE, a detta dell’Europa, sono generalmente assegnate sotto il controllo dello Stato che seleziona da se i progetti da finanziare. Bene, l’Italia ha deciso di escludere dal finanziamento le scuole paritarie.

Lo Stato quindi ha scelto di negare a 110 mila studenti delle superiori la possibilità di veder garantito il proprio diritto allo studio e di uguale trattamento.

Eppure a conti fatti, la morte delle scuole paritarie non converrebbe a nessuno, men che meno allo Stato. La cessazione dell’attività scolastica comporterebbe infatti un grave aggravio di costi nelle tasche del contribuente.

Il conto è presto fatto. Mandare uno studente alla scuola pubblica costa ai cittadini otto volte più che mandare un ragazzo alla scuola paritaria. La gratuità è solo un’illusione. Tra contribuiti diretti e indiretti un alunno della paritaria costa al cittadino circa 750 euro l’anno a fronte dei 6 mila euro l’anno dello studente della scuola pubblica. Il motivo è semplice, il resto delle spese, nella scuola paritaria è versato dalla famiglia dell’alunno.

Con il venir meno della paritaria, gli studenti andrebbero ad ingrossare le fila delle strutture pubbliche con un aggravio di costi per i cittadini che si stima possa oscillare da 1,6 miliardi fino a 5 miliardi.

Ma allora invece di far finta che il problema non esista non sarebbe più semplice per il governo aiutare le scuole paritarie ad andare avanti?