Era una “semplice” Adozione a Distanza: oggi è una storia incredibile di speranza e di amore

Francesca è una mamma che ha adottato a distanza Anna dopo un viaggio all’orfanotrofio Volodarka, in Ucraina. Anni di lettere, foto, visite. Poi, alla guerra, la decisione di accoglierla in Italia

Tutto cominciò con un’adozione a distanza e con un viaggio: una spedizione italiana per conoscere una bambina dell’istituto Volodarka e i suoi compagni. Fu così che, carichi di entusiasmo, la sostenitrice Francesca e suo marito viaggiarono verso Kiev, città elegante, bellissima e altera nelle sue zone del centro e dello shopping di lusso. Erano i giorni di Natale, tutto aveva i contorni di una fiaba: palazzi, chiese, e i boschi appena fuori Kiev.
Fuori dalla città, infatti, tra costruzioni in stile sovietico, c’era uno dei molti istituti per bambini abbandonati o in difficoltà familiare, Volodarka, con il quale Ai.Bi. collabora da tempo.
Quell’anno per i piccoli ospiti fu un Natale speciale: Francesca portò giochi e perfino gli ingredienti per preparare tutti insieme la pizza. Una festa che ancora oggi in molti ricordano.

Il miracolo dell’Adozione a Distanza

Sembra un’epoca fa, se si guardano le immagini di Kiev in questi giorni e se si ascoltano le storie di chi è riuscito a fuggire.
Una di queste storie è quella di Anna.
“Avevamo conosciuto Anna bambina a Volodarka proprio in quell’occasione – racconta Francesca -; da allora abbiamo continuato a seguirla e a sostenerla a distanza, grazie anche alla mediazione di Masha (la referente di Ai.Bi. per l’Ucraina, n.d.r.) e Anna, che tra l’altro è nata nello stesso giorno di mio figlio, seppure in anni diversi, è diventata una di noi, di famiglia”.
Lettere, telefonate, un soggiorno estivo nel nostro Paese e anche Anna, che oggi ha 17 anni e mezzo, si sente nel tempo sempre più italiana.
“Abbiamo continuato a seguire Anna, anche quando è stata reinserita in famiglia, malgrado le fragilità che ancora oggi la mamma sta vivendo – continua Francesca. Quando c’era bisogno di qualcosa, dal dentista a materiale per la scuola o per i suoi fratelli, noi c’eravamo”.

E poi arriva la guerra

La storia va avanti per diverso tempo. Poi, improvvisa, lo scorso 24 febbraio scoppia la guerra. Francesca contatta immediatamente Masha e offre la sua disponibilità a ospitare Anna.
“Siamo stati accanto ad Anna tutti questi anni – dice – potevamo non esserlo adesso?”.
In giorni frenetici fatti di incredulità e timori, la mamma di Anna, con la mediazione di Masha, si decide: accetta di lasciare andare la ragazza dagli amici italiani.
Così comincia il viaggio di Anna, felice e al tempo stesso impaurita, con il fiato sospeso.
“Masha in quei giorni era appena arrivata in Italia per ricongiungersi con la sorella a Roma, ma suo marito si era offerto di accompagnare la ragazza al confine perché potesse salire su un autobus con destinazione Bologna”. Tutto fila liscio fino al confine con la Slovacchia: alla dogana, dopo lunghe attese e controlli, Anna viene però fermata perché minorenne.
“Eravamo sempre in contatto con lei, per tutto il viaggio – spiega la sostenitrice, ma la situazione si è fatta difficile quando la polizia non ha voluto lasciarla proseguire, malgrado avesse documenti e una delega firmata dalla madre in cui si specificava la destinazione della ragazza in Italia.”

Anna si dispera, piange, la polizia nel caos alla frontiera con centinaia di migliaia di persone in fuga, decide di portare la ragazza a 50 km da lì, in un centro per minori non accompagnati.
“Né le nostre telefonate né il tentativo di mediazione di un signore ucraino a bordo dello stesso autobus riuscì a convincere la polizia di frontiera – racconta Francesca ancora con una certa apprensione – Non sapevo più come fare per aiutarla. Ma sapevo una sola cosa: Anna non sarebbe restata al centro, sarebbe venuta da noi”
Le trattative a distanza proseguono e perfino il gentile sconosciuto dell’autobus  – un ucraino che vive in Italia ma che faceva la spola con il suo Paese di origine per portare aiuti – si inserisce nella vicenda per cercare di aiutare Anna. “Ho una figlia dell’età di Anna – avrebbe detto – non potrei sopportare che una cosa del genere accadesse a mia figlia”.

Salvata da un’Adozione a Distanza che dura da un vita

La svolta arriva una notte, nel momento in cui Francesca e Masha decidono di andare a prendere Anna, testimoniando che di solidarietà e accoglienza si trattava, non di altro. La ragazza poteva venire in sicurezza in Italia.
“Non so come abbiamo fatto, ho guidato in 24 ore per 2200 km, andata e ritorno Italia – confine slovacco – dice Francesca – . Quando siamo arrivate al centro non è stato facile convincere le assistenti sociali che Anna era sotto la nostra protezione e che ci conoscevamo da tempo”.
Poi, l’idea: le foto sul cellulare. Francesca ha conservato nel suo archivio centinaia di foto di Anna: quando era piccola, quando l’hanno conosciuta in Ucraina, quando ha trascorso l’estate a casa sua, in Italia. Una figlia in più.
L’assistente sociale, alla vista di quelle foto, si commuove. Quelle foto, testimonianza preziosa di una lunga relazione di affetti, sciolgono i nodi del cuore, più che della burocrazia, delle carte di identità, dei documenti da firmare, delle frontiere. Una foto di rito con le assistenti sociali del Centro, le ultime procedure per avere i documenti in regola, e via di nuovo in auto verso l’Italia.

E l’amico gentile, il signore ucraino che in questa storia sembra aver rivestito la parte di un angelo custode? “Ovviamente è venuto con noi, gli abbiamo dato un passaggio! – racconta Francesca – Ha superato il test e il terzo grado di Masha – aggiunge ridendo – ma anche lui era a quel punto smarrito e solo, doveva tornare dalla sua famiglia a Bologna”.

Oggi Anna è felice. Arrivata a casa di Francesca è salita subito nella sua stanza, che ricordava. Ha ritrovato tutto com’era stato lasciato l’ultima volta. E ora può ricominciare a respirare.