Fame di Mamma. Il gioco, l’attenzione e l’autostima ritrovata… Per cambiare il corso di due vite!

La storia di Giada e Marco ci insegna che non è mai troppo tardi per riscoprire la propria creatività, e che attraverso il gioco condiviso, l’ascolto e l’attenzione si può guarire il passato e costruire legami nuovi, forti e pieni di possibilità

Qualche tempo fa, Antoine de Saint Exupery (l’autore del libro Il piccolo principe)scrisse: “Tutti siamo stati bambini, ma pochi da adulti se ne ricordano.”
Nel frenetico vivere, sperimentiamo spesso quanto queste parole siano vere. I momenti per ritrovare quella spensieratezza tipica dell’infanzia – quando la fantasia ci permetteva di trasformare i cuscini del divano nei vagoni di un treno o una pentola capovolta in una batteria rock – sono sempre più rari. E ancor più rari sono i momenti in cui riusciamo a riconoscere e valorizzare la creatività dei più piccoli, che siano figli, alunni, nipoti o semplicemente bambini del nostro quartiere.

Attività ludico-ricreative

Consapevoli dell’importanza che la creatività ha nello sviluppo dell’autostima, nelle comunità familiri sostenute dai progetti Fame di Mamma dedichiamo ampio spazio ad attività ludico-ricreative e affianchiamo le mamme nel riconoscere quanto sia fondamentale coltivare l’immaginazione dei loro bambini. Crediamo fermamente che rafforzare l’autostima fin da piccoli sia un passo essenziale verso una crescita serena e consapevole.
Potremmo raccontarvi di come abbiamo allestito i nostri saloni con spazi ampi per il gioco, tavolini adatti anche ai più piccini e materiali vari a disposizione. Ma preferiamo soffermarci su quello che riteniamo lo strumento più prezioso per stimolare la creatività: la partecipazione attenta e rispettosa degli adulti – genitori o educatori che siano.

La storia di Marco e di sua mamma Giada

È il caso di Marco, un bambino che da pochissimo ha compiuto tre anni. Marco è arrivato in comunità con la sua mamma, Giada, circa un anno fa. All’inizio era silenzioso, non riusciva a giocare con gli altri e spesso piangeva per attirare l’attenzione della madre. Giada, segnata da una storia personale di gravi trascuratezze e difficoltà familiari, faticava a riconoscere i segnali del figlio, interpretandoli come semplici “capricci”, alimentando così la frustrazione del piccolo.
Con il tempo, grazie alla pazienza delle educatrici, si è instaurata una relazione di fiducia con Giada, che ha cominciato a guardare ai propri limiti non più con giudizio ma con apertura e desiderio di miglioramento. Ci ha raccontato di come da bambina le fosse stato negato lo spazio per giocare: era dovuta crescere in fretta, occupandosi dei fratelli più piccoli mentre i genitori lottavano con problemi di alcolismo. Eppure, ricordava quanto amasse disegnare e cantare.
Partendo da queste passioni dimenticate, Giada ha riscoperto la gioia del gioco condiviso. Inizialmente un po’ imbarazzata, ha imparato a sedersi con Marco e colorare insieme. Dapprima disegni prestampati, poi fogli bianchi da riempire solo con la fantasia. Ha rispolverato un piccolo Canta Tu per bambini, e ha iniziato a fare musica con il figlio. Giorno dopo giorno, quel momento creativo è diventato anche uno spazio di relazione.

Ascoltare il cuore

Un giorno, mentre erano in salone per cantare, Marco ha sorpreso tutti con la sua fantasia. Ha staccato il microfono dal supporto, se l’è messo al collo e ha detto: “Mamma, guarda, sono una dottoressa… anzi, un dottore!”. Giada ha colto al volo il gioco e gli ha chiesto se voleva ascoltarle il battito del cuore. Così, in un attimo, la lezione di canto si è trasformata in una sessione medica giocosa: Marco ha auscultato il cuore della mamma, degli altri bambini e dell’educatrice. Alla fine, con soddisfazione, ha detto: “Stiamo tutti bene… adesso andiamo a cantare!”. Tutti abbiamo sorriso, e gli abbiamo confermato che, grazie alle sue cure, avremmo cantato ancora meglio.
Giada, emozionata, ha confidato all’educatrice quanto fosse felice di vedere i progressi di Marco, non solo nel gioco ma anche nel linguaggio e nelle relazioni con gli altri bambini. Un po’ commossa, ha riflettuto su come sarebbe stata diversa la sua infanzia se qualcuno avesse saputo riconoscere i suoi bisogni. Ma con forza e determinazione ha dichiarato il suo impegno a garantire a Marco tutto ciò che lei non ha avuto: ascolto, attenzione, libertà di esprimersi e crescere felice.
Questa determinazione di Giada è anche la nostra. Come operatori, vogliamo continuare a garantire alle famiglie che accogliamo tempo, ascolto e opportunità per scoprire i propri talenti nascosti, rafforzare la propria autostima e sentirsi degni di amore e di un futuro migliore.

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