Ucraina: “Ogni mattina deve dormire con la testa sulla mia pancia”

Sono Federico e Laura, 42 anni lui e 43 lei, coppia del centro Italia ritornata il 27 giugno dall’Ucraina per raccontarci una doppia storia di adozione che non è stata tra le più facili, ma è di certo tra le più coraggiose.

Lo sentiamo dalla voce di Laura, oggi mamma di Aleksej e Irina, di 6 e 8 anni. Già grandicelli; chissà se babbo e mamma sono stati spaventati dall’idea, come si dice accada a tanti genitori adottivi.

«Per nulla. Ero partita come tanti con l’idea di adottare un bambino piccolo, come sempre succede quando si comincia il percorso di adozione – spiega Laura -. Col tempo, nella mia mente l’età del figlio che immaginavo si è alzata. Poi, una volta visti i miei figli, è diventata irrilevante».

Sfatiamo un mito, quindi: quello secondo cui i genitori adottivi desiderano solo figli piccoli…
Guardi, lo vedo dai miei figli: sono piccoli, a tutti gli effetti. Il maschietto viene la mattina a trovarci nel lettone e deve per forza dormire con la testa sulla mia pancia. E non è un comportamento da bambino della sua età. A dire il vero poi mio marito all’età non ci pensava proprio. Forse semplicemente il fatto è questo: quando si pensa all’adozione si ragiona, almeno nel caso delle donne, come se si fosse incinte. Nella mente della donna c’è l’immagine di un neonato. Le cose cambiano completamente al momento dell’incontro, quando entri in istituto e vai a prendere i tuoi figli.

Il vostro incontro com’è avvenuto?
Molto bello l’incontro con i bambini. Meno bello l’incontro che abbiamo avuto prima con l’assistente sociale e con la direttrice, che ci hanno voluto mettere in guardia sui bambini, dicendo che non stavano bene, specie il maschietto… L’assistente ci diceva che non parlava, aveva problemi, non si muoveva. La direttrice poi ha peggiorato il quadro. L’incontro con i miei figli è stato il quarto d’ora più bello della mia vita, ma la direttrice insisteva perché adottassimo soltanto la bambina. Il maschietto, ci diceva, non corre, non si muove; lo descriveva come un malato di mente.
Invece quando sono entrati nella stanza d’attesa ci è saltato in braccio. Addirittura faceva di tutto per carezzare la mano di mio marito. Non stava mai fermo. Poi mio marito se l’è tirato in braccio.

Quindi era sano e stava bene. Cos’era successo?
L’assistente sociale ci ha detto che quel che aveva riferito sul bambino era vero, ma risaliva a tre anni prima. La linea dell’istituto è stata comunque quella di cercare di trattenere presso di loro il maschietto e proporci di adottare la femminuccia. Mio marito ed io abbiamo deciso che li volevamo prendere tutti e due.

Ma quali erano i problemi dei due fratellini?
Lei aveva il labbro leporino. Di lei ci avevano detto che non parlava né emetteva alcun suono; poi, quando l’hanno portata da noi col fratello, ha aperto la bocca e ci ha mostrato il forellino che aveva sul palato. Lui risentiva di un parto prematuro, era nato un po’ d’urgenza. Sono problemi che abbiamo iniziato a risolvere presso un medico lì sul posto. È stato molto gentile: ci ha introdotto alla loro vita, spiegandoci che sono bambini vissuti per anni in istituto e che perciò non avevano idea di che fosse una famiglia.

Parliamo alle future coppie adottive. Che cosa si sente di dire loro?
Intanto, che l’adozione ti cambia la vita. Si pensa solo al bello dell’adozione, al fatto che stai per accogliere dei bambini. E invece bisogna arrivarci preparati. Ci vuole un accompagnamento più curato, l’abbiamo visto lì. Diverse coppie erano in difficoltà. Soprattutto bisogna parlare con coppie che hanno già finito la loro adozione, è il solo modo per capire molte cose. È la differenza che c’è tra la teoria e la pratica.